17 aprile 1975: la “Liberazione” di Phnom Penh

Khmer Rouge fighters

Molti guerriglieri Khmer Rouge erano giovanissimi, poco piu’ che bambini.

Il 17 aprile 1975 i guerriglieri comunisti conquistano la capitale della Cambogia. E’ la fine della Guerra Civile (1967-1975) e l’Anno Zero del regime di Pol Pot

 

(Asiablog.it) — Nella notte tra il 16 e il 17 aprile Phnom Penh si ritrova sotto il fuoco dell’artiglieria. A sud della città vengono lanciate granate M-79. Migliaia di persone, compresi i soldati della Repubblica Khmer ormai sconfitti, scappano dalle periferie e iniziano a rifugiarsi nel centro della capitale.

Un giovanissimo guerrigliero Khmer Rouge

La mattina del 17 aprile, alle 7:30, il comandante in capo delle Forze Armate Nazionali ordina ai soldati di arrendersi alle 9 in punto. Alle 8:30 il Generale Sak Sutsakhan, che aveva rimpiazzato Lon Nol, scappato dal Paese il primo aprile, a capo della Repubblica Khmer, telefona al Ministro dell’Informazione per dare istruzioni per l’annuncio della resa, da leggere via radio alle 9. Gli risponde uno straniero, Henri Becker, informandolo che tutti gli impiegati del ministero sono scappati. E’ lo stesso Becker ad alzare la bandiera bianca sopra l’edificio.

Alle 9 di mattina le prime forze dei Khmer Rouge (Khmer Rossi, KR), in bicicletta e con qualche camion, arrivano al centro della capitale senza incontrare nessuna resistenza. Da ogni edificio iniziano a spuntare bandiere bianche, simbolo della resa.

La popolazione scende in strada e dà il benvenuto ai “liberatori”. C’è gioia: almeno la Guerra è finita, si pensa. Inizia la lunga processione delle truppe comuniste.

Ecco come il giornalista italiano Tiziano Terzani descrive i KR:

“Uomini e donne vestiti di nero. Con la pelle grigia per la malaria e gli anni di stenti passati nella giungla. Con i fucili a tracolla e gli sguardi assenti. Giovanissimi, quasi bambini.”

Ai cittadini, i guerriglieri comunisti sembrano arrivare da un altro pianeta. Ma lo stesso pensarono i KR dei cittadini, con non troppo celato disdegno. Dopo anni di guerra e stenti in mezzo alla giungla, i giovanissimi guerriglieri KR vedono per la prima volta la grande capitale, per loro simbolo della corruzione capitalista e occidentale, dello sfruttamento e della guerra. Finalmente si trovano di fronte ai “nemici” (khmang”) di cui tanto avevano sentito parlare, vale a dire i “capitalisti” (“nay tun”) che rifiutavano di entrare nella Rivoluzione, gli alleati degli americani, le bestie che come Angeli Neri per anni avevano fatto piovere bombe sopra i loro villaggi, seminando distruzione, morte e povertà assoluta.

In realtà la capitale non era del tutto ostile ai rossi. Phnom Penh era arrivata a contare 1,8 milioni di persone, in maggioranza contadini provenienti dalle campagne, scappati dalla guerra e dai bombardamenti: rifugiati. Molti di lori erano pronti ad aiutare i KR e dare una chance al nuovo regime. D’altronde sognavano solo la fine della Guerra per poter tornare a lavorare i campi. Ma Pol Pot aveva deciso che l’odio di classe, che a suo avviso aveva portato alla vittoria contro governo, capitalisti e americani, avrebbe dovuto essere mantenuto, per conseguire nuove vittorie. Per edificare il Socialismo, versione cambogiana. I nemici avrebbero avuto quel che si meritavano. I cittadini di Phnom Penh divennero perciò le cosiddette “persone nuove”, o “gente del 17 aprile”. Quelli che non erano entrati nella Rivoluzione in tempo. Nemici fino all’ultimo giorno. Gente di cui non ci si può fidare. Cittadini di seconda classe in una società “senza classi”.

A sud della capitale, i KR iniziano immediatamente l’evacuazione forzata degli abitanti. Devono andarsene tutti, nessuno escluso. Alcuni si rifiutano di partire: vengono fucilati sul posto.

Le truppe dei KR che arrivano da Oriente, dalle regioni limitrofe al Vietnam, sono chiaramente differenti da quelle che arrivano da altre zone. Gli “Orientali” hanno uniformi verdi e kaki, i KR delle altre zone sono vestiti da contadini, in nero, con solo la kroma rossa (la tipica sciarpa cambogiana) in testa o al collo. Le differenze, che andavano ben al di là dell’abbigliamento, si sarebbero palesate negli anni successivi.

Entrando a Phnom Penh, i rossi si preoccupano di disarmare le truppe repubblicane e di fermare i saccheggi dei negozi. Intanto l’occupazione e l’evacuazione della città proseguono in modo caotico, con i vari reparti che si contraddicono, danno ordini differenti, confondendo la popolazione. Alcuni reparti di KR iniziano addirittura delle scaramucce a colpi di mitra.

Presto tutta la città è in marcia: l’evacuazione. La scusa è che si teme un bombardamento americano. I KR dicono alle gente di prendere poche cose, perché in 3 giorni potranno tornare nelle loro case.

La scena è apocalittica. Nessuno è autorizzato a rimanere in città. Anche gli ospedali devono essere svuotati. Nel mese più caldo dell’anno, quasi 40 gradi all’ombra, quasi due milioni di persone sono costrette a marciare verso le campagne. Pochi fortunati hanno un’automobile, un camion o un carro trainato da buoi. I più partono a piedi o in bici. Tutti in strada: vecchi che si muovono a fatica e neonati in baccio alle donne, storpi e malati portati via sui lettini degli ospedali con la flebo al braccio. Chi si trova nella parte nord della città è costretto dai soldati a dirigersi verso nord, chi si trova a sud è costretto a dirigersi verso sud, e così via. Nella confusione famiglie intere vengono separate, a volte per sempre. In pochi giorni ogni casa viene controllata. Non è rimasto più nessuno. Phnom Penh è vuota, una città fantasma. Una capitale senza abitanti.

La  Cambogia diventa “Kampuchea Democratica”. Ha inizio il più estremo esperimento di comunismo mai tentato nella storia.

Letture:

khmer-rouge-pol-pot-book

Brother Number One. A Political Biography of Pol Pot. By David P. Chandler

pol-pot-kiernan-book

The Pol Pot Regime: Race, Power, and Genocide in Cambodia Under the Khmer Rouge, 1975-79. By Ben Kiernan.

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Brother Enemy. The war after the war. By Nayan Chanda

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First They Killed My Father: A Daughter of Cambodia Remembers. By Loung Ung

Immagini:

La citta’ fantasma di Phnom Penh dopo l’evacuazione forzata della popolazione

“Fantasmi. Dispacci dalla Cambogia”, Tiziano Terzani

cambodia 17 april 1975

La caduta di Phnom Penh vista da un quotidiano di Bangkok, Thailandia.

Phnom Penh evacuated

Evacuazione forzata di Phnom Penh, 17 aprile 1975. Foto Getty.

Evacuazione forzata di Phnom Penh 1975

Evacuazione forzata di Phnom Penh, 17 aprile 1975.

Alessio Fratticcioli

About Alessio Fratticcioli

Alessio è il fondatore e amministratore di Asiablog.it (anche su Facebook e Twitter). Per saperne di più su questo buffo personaggio, la sua lunga e noiosa biografia si trova qui.
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