Se l’Iran scivola verso la dittatura militare

Uno sguardo all’interno del regime per capire i possibili sviluppi della crisi iraniana

Di Alessio Fratticcioli (scritto per ORIZZONTI Nuovi, marzo 2010, pag. 27)

Correva l’anno 1979 quando la Rivoluzione Islamica cacciava la monarchia Pahlavi da Teheran. La piu’ grande tragedia dello Shah Reza Pahlevi, che credeva di essere popolare tra i suoi sudditi, fu quella di essere vittima delle proprie illusioni. Trentuno anni dopo, la questione che molti si pongono e’ se la Repubblica Islamica che ha sostituito lo Shah sia destinata a soccombere ad identiche illusioni.

Nel giorno dell’anniversario della Rivoluzione, l’11 febbraio, mentre il Presidente Admadinejad dichiarava che l’Iran, pur non interessato a costruire una bomba, e’ riuscito ad arricchire l’uranio fino al 20% diventando uno “stato nucleare”, al leader dell’opposizione Mousavi veniva impedito di scendere in piazza, dove la polizia ha attaccato di nuovo il “movimento verde” arrestando diversi giovani. Le autorita’ hanno anche bloccato per ore importanti motori di ricerca online come Google, che hanno accusato l’Iran di “deliberata interferenza elettronica”.

Pochi giorni dopo, il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha espresso il timore che Teheran stia strisciando verso una dittatura militare, cioe’ che la Guardia Rivoluzionaria (i pasdaran) stiano progressivamente soppiantando il governo. Nessuno conosce cosa sta realmente accadendo all’interno della classe dirigente della Repubblica Islamica, ma il panorama descritto dalla Clinton e’ estremamente realistico.

Spesso i media occidentali descrivono l’Iran semplicisticamente diviso in due schieramenti: regime contro oppositori. In realta’, come lo schieramento di opposizione e’ disomogeneo e non possiede un vero e proprio leader, cosi’ l’elite al potere non e’ affatto un blocco unico. Il particolare tipo di Islam dominante in questo paese, denominato sciismo imamita o duodecimano, considera gli imam (i leader religiosi) come diretti discendenti di Alì (nipote e genero di Maometto). Essi sono scelti da Dio per guidare l’ummah (comunita’ dei musulmani) e, essendo infallibili, sono i soli a detenere il diritto di interpetare l’Islam. E’ per questo che il Leader Supremo e’ di fatto al di sopra del Presidente e persino della Costituzione. Il problema e’ che, al contrario di Khomeini, l’attuale Leader Supremo, l’Ayatollah Ali Khamenei, manca di carisma e di consenso popolare. Gli oppositori lo chiamano “dittatore e assassino” e non gli riconoscono nessuna aura di santita’. I piu’ importanti ayatollah della citta’ santa di Qom non hanno mai condiviso le sue idee politiche e religiose e non apprezzano il suo eccessivo coinvolgimento nella politica quotidiana. E’ quindi in corso una disputa su chi siano i veri rappresentanti della Rivoluzione, con la parte piu’ moderata dell’establishment clericale, favorevole a riforme limitate che possano rendere la Repubblica Islamica piu’ popolare agli iraniani, che potrebbe trovarsi in confronto diretto con la cricca clericale piu’ conservatrice e i pasdaran, intenzionati invece a detenere il potere a tutti i costi. E’ uno scontro dagli esiti incerti, che tiene aperti vari scenari futuri.

Ad esempio, in caso di morte di Khamenei i contrasti sulla successione potrebbero far esplodere le suddette tensioni e aprire la strada a una sorta di colpo di stato militare da parte dei pasdaran. Dall’altra parte, difficilmente gli oppositori continueranno per sempre a scendere in strada a prendere legnate e beccarsi aspre condanne se la loro “onda verde” non riuscira’ a scalfire il regime. Alcuni potrebbero essere portati dall’esasperazione a radicalizzarsi fino a compiere azioni violente. Altri, motivati dalla frustrazione o dalla paura, potrebbero invece scegliere la strada dell’emigrazione.

Per quanto riguarda l’economia iraniana, le incognite sono decisamente minori. La prolungata instabilita’ politica, la persistente corruzione, le risorse petrolifere in netta diminuzione, la popolazione che cresce rapidamente e con essa i consumi, l’alta inflazione e i sempre minori investimenti esteri freneranno la crescita e manterrano alta la disoccupazione. La situazione, che sara’ ulteriormente aggravata da nuove sanzioni economiche occidentali, fara’ perdere ulteriori consensi al regime. Se questo sara’ il quadro, il regime non potra’ che reagire con sempre maggiore durezza per zittire il dissenso.

Da un punto di vista globale, lo slittamento verso un regime militare dell’Iran implicherebbe un’ulteriore accelerazione del confronto sulla questione nucleare. Quella di puntare alla sfida con Washington (e Tel Aviv) sarebbe una mossa azzardata, ma potrebbe essere l’unica a disposizione di Tehran. Ogni regime, per coprire i suoi fallimenti, ha bisogno di capri espiatori sia interni che esterni. La rincorsa nucleare sarebbe dunque soprattutto strumentale, per distogliere l’attenzione internazionale dalle vicende interne. A quel punto, la palla passerebbe a Stati Uniti e Israele, che dovrebbero decidere se convivere con un Iran nucleare o piuttosto imbarcarsi in un un rischiosissimo attacco dei suoi impianti nucleari. E sarebbero guai.

 

Alessio Fratticcioli

About Alessio Fratticcioli

Alessio è il fondatore e amministratore di Asiablog.it (anche su Facebook e Twitter). Per saperne di più su questo buffo personaggio, la sua lunga e noiosa biografia si trova qui.
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