Calcio e Libri

zlatan ibrahimovic

Io, Ibra – Z. Ibrahimovic/D.Lagerkrantz -Ed.Rizzoli

“Una volta superata la risatina di sufficienza d’obbligo dopo la frase  “autobiografia di un calciatore”, scopriamo che il libro di Ibra somiglia curiosamente a un’altra storia d’immigrazione, il lamento di Portnoy (1969), il romanzo di Philip Roth che racconta com’era crescere ebrei nel New Jersey degli anni trenta e quaranta. Una storia fa luce sull’altra. Ed entrambe fanno luce sull’esperienza dell’ immigrazione, sempre più comune ma poco ascoltata.” (da Philip Roth and Zlatan  Ibrahimović di Simon Kuper –Financial Times/Internazionale).

Ho letto il libro di Roth troppi anni fa ed ancora lo ricordo col piacere che si riserva alle buone letture  ed ora lo rileggerò considerando anche che è una nuova traduzione. Il libro di Ibrahimović non credo lo leggerò.

il lamento di Portnoy

Il lamento di Portnoy – Philip Roth – Ed. Einaudi

Ora che il campionato è finito parliamo di calcio,  scritto. Chissà che a qualche sfegatato tifoso un catartico transito  alla lettura non sia di vantaggio per il corpo e lo spirito nell’attesa del nuovo campionato.

Il campionato è finito ed è finito con l’ennesima vittoria della cosiddetta Vecchia Signora, la Juventus.

storia critica del calcio

Storia critica del calcio italiano-Gianni Brera – Ed.Dalai

A me accostare Vecchia Signora e Zebra ha sempre fatto tornare in mente mia nonna che, quando voleva definire una donna di facili costumi, diceva: “Quella ha i  pitareschi ” (sono quei corpi callosi, causati dallo sfregamento, nell’interno coscia di molti equini). Vuol essere un ricordo, non un’offesa alla Juve.

Sono nato nell’anno in cui l’Uruguay  batteva, al  Maracanã,  il Brasile padrone di casa e favorito alla vittoria finale della Coppa Rimet. L’ho appreso molto tempo dopo, ovviamente, ma questo mi dovrebbe servire a farvi credere che ho il calcio nel DNA.

In realtà, come calciatore sono sempre stato un brocco senza alcun talento.

In aggiunta, privo come sono di qualsiasi spirito agonistico, non potevo che subire l’inevitabile agonismo fisico del calcio e mi divertivo a “giocare” solo amichevolmente.

pensare coni piedi

Pensare con i piedi – Osvaldo Soriano -Ed. Einaudi

La vittoria, la prima della Germania, nell’edizione svizzera come, d’altra parte, quella del Brasile in Svezia passarono, data l’età, inosservate. Sul finire di quegli anni davo i primi calci ad un pallone in un piazzale sabbioso adiacente alla spiaggia e prolungamento della piazza principale del mio paese natale. Quaranta bambini che correvano dietro ad un pallone che non vedevi quasi mai. Le partite duravano a seconda del numero di goal stabiliti prima dell’inizio, la squadra che, ad esempio, faceva per prima dieci goal, vinceva. D’estate, invece, giocavo nel campo di calcio ricavato sul fianco della collina su cui sorgeva il paese di mia madre. Un lato a monte, delimitato dalla parte non spianata che fungeva anche da tribuna, un lato a valle che confinava con un intrico di felci, rovi e piante di sambuco che si perdeva nella discesa sottostante. Il gioco si svolgeva prevalentemente sul lato a monte, la palla sul lato a valle veniva giocata con tocchi il più possibile morbidi e ben calibrati. Far uscire la palla da quel lato equivaleva a interrompere la partita anche per una ventina di minuti ed a volte si decretava la fine e si iniziava una affannosa ricerca dell’unico pallone in cuoio del paese.

osvaldo soriano

I racconti degli anni felici – Osvaldo Soriano – Ed. Einaudi

Di quegli anni ricordo le prime partite a cui ho assistito, giocate dalla squadra del paese nel campo di calcio all’epoca adiacente alla vecchia chiesa. Ricordo Carlo Alberto B. detto Albertino, terzino destro e  Stefano T. all’ala sinistra. Abitavano entrambi non lontano da casa mia e li incontravo spesso per strada. Stefano, quando scattava col petto muscoloso in fuori, sembrava provocare un vortice di vento che spostava gli avversari. Di Albertino, invece, ricordo che prima di una partita, tutti schierati in campo in attesa del fischio d’inizio,  fece pipì  …. ma questo mi pare sia accaduto nel campo di calcio nuovo.

In quell’anno scoprii che esisteva non solo il calcio ma anche il “tifo calcistico”. Un ragazzino più grande di me pretendeva che mi dichiarassi “milanista” altrimenti erano “botte”.  Ed io, in sua presenza, mi dichiaravo “milanista”, contento lui.

Ma tutto questo è nulla in confronto a Il rigore più lungo del mondo, uno dei racconti del libro  Pensare con i piedi  di Osvaldo Soriano  che raccoglie, nell’edizione italiana, una parte dei racconti del libro originale Cuentos de los años felices. Una raccolta di  racconti di vita e di calcio dove viene narrato anche della Coppa Rimet fantasma che nel 1942 venne giocata tra tecnici nazisti, operai italiani antifascisti e indios mapuches.

“Ho scritto questi racconti durante i mondiali del 1986 e del 1990 per Pagina/12  di Buenos Aires  e per il Manifesto di Roma. Ho conosciuto Diego Maradona una sera, nel ritiro di Trigoria. Dapprima ho finto di non interessarmi a lui, con l’intenzione di ferire il suo orgoglio e di conquistare la sua attenzione. Allora , per impressionarmi, si è messo un’arancia sulla testa e l’ha fatta ballare per tutte le curve del corpo senza che cadesse una sola volta. Alla fine l’ha presa e senza badare a me ha domandato al suo amico Gianni Minà, che mi aveva portato con sé: <Allora, quante volte l’ho toccata con il braccio?> . Ero sbalordito. <Mai!>, abbiamo risposto in coro. Maradona ha sorriso e con la voce furba ha detto:<Si, una volta, ma al mondo non c’è arbitro che possa accorgersene>. Aveva così ragione che me ne sono andato di corsa in albergo e ho scritto un racconto sul figlio di Butch Cassidy, cow boy, filosofo e arbitro di calcio.” (prefazione di Osvaldo Soriano alla serie di racconti: Pensare con i piedi)

La Coppa Rimet giocata in Cile la ricordo poco perché allora avevamo la televisione ma funzionava a fasi alterne, era più il tempo che passava del riparatore che a casa.

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Pelé. Io, l’unico re – Pelé/Duarte/Bellos -Ed. Mondadori

Indimenticabile l’edizione giocata in Inghilterra, ve lo assicuro. Il mio mito: Pelè (Edson Arantes do Nascimiento) abbattuto al primo tackle dal carnefice designato: Nobby Stile, mondiale finito. A consolazione, quell’estate, tra turisti e villeggianti mi capitò di conoscere una ragazza molto più vecchia di me a cui mentii  circa la mia età o lei fece finta di credermi.

La Coppa Rimet messicana credo che tutti se la ricordino. “Ci spiace per Pelé, ma è nostra la Rimet” titolava un giornale milanese nel pomeriggio della vigilia. Io la partita non la vidi, l’ascoltai alla radio … problemi.

E così come nel 1970 il Brasile si portò definitivamente a casa la Coppa Rimet e tutto finì, io ho quasi finito di raccontare banali eventi della mia vita. Ne resta uno, legato al calcio e all’anno in cui si giocò la prima edizione della nuova Coppa del Mondo di cui Arpino racconta la deludente avventura italiana.

arpino

Azzurro tenebra – Giovanni Arpino – Ed. Rizzoli

Partecipai alla compravendita del risultato di una partita di calcio. Quel che interessava era che la gara finisse con la vittoria della compagine acquirente, risultato positivo che avrebbe favorito il proseguo del campionato. Non intendo specificare altri  dettagli e non per timore della Legge (sono passati 40 anni – reato prescritto) ma per non coinvolgere personaggi responsabili ma anche innocenti in una vecchia combine solo da dimenticare. Dico solo che non era una partita legata a qualche evento scommessa e tanto meno a qualcuna delle serie calcistiche maggiori ma pur sempre una gara di un campionato della F.I.G.C.

Non rifiutai di fare la mia parte, in quel momento ero sorpreso più che deluso. Poi, a cose fatte, mi rimase solo la delusione. Che cosa mi ha deluso? Credo sia stata la cecità del mondo del calcio. Non certo verso le emozioni ma sicuramente nei confronti della giustizia e della lealtà. O forse è tutta colpa del passaggio dai nobili miti infantili del talento e della passione, alla banalità del mestiere e del mercato.

calcio

Il calcio alla sbarra – O.Beha/A.Di Caro -Ed.Rizzoli

Eventi separati e distinti dal gioco del calcio e più relativi al sistema calcio. La mia non è una passione spenta per il “gioco” piuttosto una delusione critica verso il “sistema” che racchiude,  su scala ridotta,  tutte le  peggiori qualità dell’umanità.

Certo, potevo e potrei isolare il calcio considerandolo autoreferenziale ma non ci riuscii e non ci riesco. Come dice Oliviero Beha: “ ..per credere nel calcio, bisogna mettersi d’impegno…”.

In quegli anni la TV trasmetteva solo un tempo registrato di una partita del campionato di serie A, le partite della Nazionale di calcio e le partite di squadre italiane nella Coppa dei campioni.

Poi si è passati ad una overdose di calcio destinata a dare l’assuefazione necessaria per approdare alla sua visione a pagamento. Snaturando anche lo spettacolo che, ridotto sul piccolo schermo, perde quasi completamente la sua ampiezza, il suo modo d’essere ed il nostro modo di guardare “il mondo”.

peter handke

Prima del calcio di rigore -Peter Handke – Ed. Felrinelli

“Non a caso il romanzo si conclude ai bordi di un campo di calcio. Mentre assiste a una partita Josef Bloch chiede a un altro spettatore se non abbia mai provato, durante un’azione a osservare non i giocatori, ma il portiere, verso la cui porta gli attaccanti corrono con il pallone.” (da Peter Handke di Hans Kitzmüller –Ed.Bollati Boringhieri – commento al libro Prima del calcio di rigore).

Negli stessi anni  la Tv, che trasmetteva anche spettacoli teatrali se non trasmissioni dedicate alla letteratura, ha iniziato ad ampliare presenza e diffusione del “calcio” ed ha quasi abbandonato la “cultura”. C’è da chiedersi come sarebbero gli italiani se le risorse della Tv pubblica destinate allo sport fossero state destinate in egual misura alla cultura.

Ma forse  è chiedere troppo.

fuori gioco

Fuori gioco – G.Turano – Ed.Chiarelettere

In quegli anni già tanti erano i cambiamenti in atto contro i quali dovevo lottare e decisi che era inutile perdersi dietro un sistema che in miniatura replicava la già complessa realtà sociale  con l’aggiunta, come freno alla critica, della fede (calcistica) che nulla in realtà ha a che fare col “gioco“.

Per conto mio, se capita, do volentieri quattro calci ad un pallone e guardo con piacere chi corre dietro un pallone anche in un rettangolo inesistente ma, per tutto il resto,  evito tutti i riti giornalistico-mediatici del calcio parlato e quando raramente guardo le partite della Nazionale o della Coppa Campioni, accendo la Tv poco prima dell’inizio della partita. Quell’accumulo di banalità ed inutilità rappresentate al pubblico e che fanno da contraltare ai fatti nascosti che spesso sono sconfinamenti nell’illecito morale ed anche penale, sono “argomento” per cui non vale la pena perdere tempo se non per la denuncia.

Ma un buon libro che rivolge uno sguardo non convenzionale a quel mondo complesso,  si legge sempre volentieri.

Hanno ucciso le mimose
Asservendole miste
Ad altri fiori più nobili.
Così per i primi sentimenti
Come in un Carnevale che si sfarini.
Ci hanno insegnato a scherzare
Quand’era troppo tardi
Abbiamo scherzato troppo presto
Quando ancora non ne valeva
La pena.
(Oliviero Beha)
 

Tiziano Matteucci
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"Siede la terra dove nata fui / su la marina dove ’l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui." (Dante Alighieri - Inferno, V). Per il resto non c'e' molto da dire. Pensionato italiano che ora risiede in una cittadina del nord ovest della Thailandia per un assieme di causalità e convenienze ... c'è solo una cosa certa: "faccio cerchi sull'acqua ... per far divertire i sassi" (Premdas)
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