Il giacinto d’acqua, la Thailandia, la Storia

giacinto d'acqua

Giacinti d’acqua – foto tiziano matteucci

Il giacinto d’acqua (in lingua thailandese: ผักตบชวา – pak top chuaa) è una pianta acquatica galleggiante che cresce sulla superficie di fiumi, canali e laghi delle regioni tropicali. Non necessita di terreno su cui mettere radici perché si nutre della materia organica in sospensione nell’acqua. È originaria del bacino dell’Amazzonia, dove costituisce la principale fonte di cibo del lamantino amazzonico.

È stata introdotta in Thailandia nel corso del 1800. Qui, per il suo elevato tasso di crescita, l’ovvia assenza dei lamantini amazzonici e la resistenza dei semi alla siccità (i semi resistono anche a 15 anni di assenza d’acqua), è divenuta invasiva creando danni all’ecosistema.  Non per nulla è inserita nell’elenco delle 100 specie non autoctone più dannose del mondo.

oggetto in giacinto d'acqua

foto tiziano matteucci

Sua Maestà Bhumibol Adulyadej, il Grande Rama IX, vista l’invasività di questa pianta che arriva a coprire stagni e fiumi rendendo difficile la pesca e la navigazione, ha avuto l’idea di raccoglierli, farli seccare al sole ed utilizzare la foglie per costruire oggetti d’arredamento.

Se non ci fosse Lui, chi penserebbe al suo Popolo? Anche così si scrive la Storia.

L’artista, ripreso nella foto a sinistra, riproduce animali con foglie secche di giacinto d’acqua.

Viene dalla provincia di Buriram  e gira per le fiere e le feste della Thailandia dove fabbrica e vende le sue opere. È lui a raccontarmi, ma è voce popolare, che l’idea di utilizzare i giacinti d’acqua per questi scopi viene da Sua Maestà.

elefante intrecciato

Elefante fatto con foglie di giacinto d’acqua – foto tiziano matteucci

Scrive Marc Bloch:

“Che i testimoni non debbano per forza esser creduti sulla parola, i più ingenui fra i poliziotti lo sanno bene. Salvo poi a non ricavare sempre da questa conoscenza teorica le debite conseguenze (…) perché l’errore di un testimone divenga quello di molti uomini, perché una osservazione si trasformi in una voce falsa, occorre anche che lo stato della società favorisca questa diffusione.” (Apologia della storia o Mestiere di storico – Marc Bloch – Ed. Einaudi)

Scrivendo l’elenco dei libri di autori thailandesi tradotti in italiano constatavo di come il mio desiderio di leggerli fosse legato alla voglia di conoscere la gente tra cui vivo ed erano emersi termini quali: “civiltà “ e “cultura” che, nel loro uso corrente, sommano più significati principali di diversa interpretazione. Ma anche di come sia importante, per prima cosa, guardare in noi stessi per cercare di disattivare quei luoghi comuni, da cui tutti siamo pervasi, per attivare una migliore comprensione dei fattori culturali su cui ogni civiltà ha gettato le proprie fondamenta.

bufalo intrecciato

Bufalo fatto con foglie di giacinto d’acqua – foto tiziano matteucci

Questo percorso è iniziato con la materia a me meno nota: la Storia.  Ma leggere la storia di una nazione è poco utile se si resta fermi a quei resoconti storici che sono poco di più di una cronologia, che siano i sette Re di Roma se non la dinastia Chakri o eventi bellici come un’invasione o una guerra.

“Pare – scriveva Voltaire – che da millequattrocento anni  nelle Gallie non vi siano stati che re, ministri e generali.”  (idem come sopra)

cervo intrecciato

Cervo fatto con foglie di giacinto d’acqua – foto tiziano matteucci

“Se avessero conosciuto meglio la storia, se soprattutto avessero meglio interrogato (…) Affinché una società, qualunque sia stata, abbia potuto essere determinata per intero dal momento immediatamente anteriore a quello che essa vive, non le basterebbe una struttura così perfettamente predisposta al cambiamento da essere veramente priva di scheletro. Bisognerebbe ancora che gli scambi fra generazioni avvenissero soltanto, per così dire, in fila indiana non avendo i bimbi contatti con i loro avi se non per l’intermediario dei padri. “ (idem come sopra)

apologia della storia o mestiere di storico

Apologia della storia – Marc Bloch – Ed. Einaudi

Il libro di Marc Bloch viene unanimemente considerato una lettura fondamentale per cimentarsi con la Storia ed i suoi eventi. Non potevo esimermi dal leggerlo e devo dire che per uno che aveva sempre e solo studiato, di malavoglia, storia a scuola è stato come entrare in un nuovo mondo pieno di eccitanti illuminazioni.

Leggere questo libro aiuta a comprendere perché e come la Storia viene raccolta e raccontata e soprattutto di come “l’ignoranza del passato non solo nuoce alla conoscenza del presente, ma compromette, nel presente, l’azione medesima” (idem come sopra).

Intanto anche per il giacinto d’acqua vale quanto scritto parlando del peperoncino: metto in dubbio la perentoria affermazione, da più parti riportata, che dice che fra tutti i paesi del sudest asiatico, la Thailandia è l’unica a poter vantare un invidiabile primato: nei suoi ottocento anni di storia non è mai stata colonizzata.

Il mio è un modo scherzoso di affrontare la questione e, se vogliamo, tutto questo mio argomentare di storia è alquanto velleitario, ma se volete affrontare l’argomento “colonizzazione” dal punto di vista di un personaggio di valore accademico, ecco cosa ne pensa Thongchai Winichakul:

“La convinzione che la Thailandia non sia mai stata colonizzata è scorretta, perché il Siam era in realtà una semi-colonia durante l’epoca coloniale ed i governanti siamesi hanno collaborato e beneficiato di questa  cooperazione con le potenze coloniali dell’epoca (…) Il Siam volontariamente o  meno è stato inserito nell’economia coloniale senza che le potenze coloniali ne facessero ufficialmente una  colonia. Il comportamento del Siam in epoca post-coloniale non è stato dissimile da quello delle ex colonie della regione. (…) Noi non conosciamo il mondo, non conosciamo i nostri vicini, non conosciamo il nostro territorio, perché siamo molto Thai-centrici. Noi crediamo nella [nostra] superiorità, il nostro essere eccezionali, il nostro non essere mai stati colonizzati…(Intervento alla cerimonia di apertura della Southeast Asian Studies Institute presso la Thammasat University-Rangsit il 18 luglio 2013.)

Ed alla sua voce aggiungo quella di un altro storico thailandese Charnvit Kasetsiri:

“Voglio credere che la gente, dalla classe media in giù, voglia qualcosa di nuovo. La gente dell’Isaan meridionale, Surin, Buriram e Si Saket, vogliano sapere chi sono e da dove vengono e quale posizione occupano da cittadini della Thailandia. Non tutti noi proveniamo dalle montagne Altai o dal regno Nan Chao dello Yunnan come sostenuto ufficialmente. Siamo venuti da ogni direzione e con tutti i possibili retroterra, da Vientiane, Chiang Kwang, Xiamen, Shantou, Kelantan, Terengganu, Tavoy, Mergui, Tenasserim, ma siamo giunti a vivere insieme e siamo thailandesi in Thailandia. La storia ha bisogno di essere al servizio della diversità delle persone. Credo sia molto importante”. (Il resto lo trovate qui)

Non si tratta solo di leggere “storia” ma di leggerla per vedere le cause, se esistono, che hanno portato agli effetti del presente.

Ed un ultimo link dove si parla di storia, ma tenete a mente quanto scrive Marc Block:

“… i testimoni non devono per forza esser creduti sulla parola… salvo poi a non ricavare da questa conoscenza le debite conseguenze “.

Permettetemi di spiegare la nostra versione della storia della Thailandia, (forse) di Prapas Yanonthankul, membro del Pitak Siam.

Ma di questo e altro,  forse, in prossimi post.

Tiziano Matteucci
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"Siede la terra dove nata fui / su la marina dove ’l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui." (Dante Alighieri - Inferno, V). Per il resto non c'e' molto da dire. Pensionato italiano che ora risiede in una cittadina del nord ovest della Thailandia per un assieme di causalità e convenienze ... c'è solo una cosa certa: "faccio cerchi sull'acqua ... per far divertire i sassi" (Premdas)
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