Visti per la Thailandia: le novità

Alzabandiera nella stazione di polizia di Chiang Saen, provincia di Chiang Rai, Thailandia | © foto Mauro Proni 2012

I furbetti del visto e la stretta della Giunta

A maggio 2014 l’esercito thailandese ha preso il potere con un colpo di stato dichiarando di voler “ristabilire l’ordine” dopo le proteste di piazza che avevano fatto precipitare il Paese in una situazione di grave instabilità politica.

Tra i primi provvedimenti della nuova giunta militare c’è stata anche la riforma del regime dei visti, o meglio, la rigida applicazione delle norme già esistenti in senso molto restrittivo.

Per capire il quadro che segue occorre precisare che attualmente in Thailandia la costituzione è stata sospesa e nel Paese vige tuttora la legge marziale. Ciò significa che ogni garanzia costituzionale è decaduta e che le leggi attualmente in vigore possono essere modificate senza seguire l’iter costituzionalmente previsto, ovvero senza passare dall’approvazione del parlamento.

Lavoratori illegali ricchi e poveri

Si calcola che in Thailandia vi siano ben due milioni di lavoratori illegali (1), ovvero persone che lavorano nel Paese con il visto turistico o addirittura senza alcun visto, in quest’ultimo caso si tratta di veri e propri clandestini a tutti gli effetti.

Tali tipi di lavoratori “illegali” si distinguono in due categorie: poveri e ricchi. I lavoratori illegali poveri sono principalmente cambogiani, laotiani e birmani che vengono reclutati dai padroncini nei villaggi a ridosso del confine del Paese e che sono impiegati principalmente nell’edilizia, raccolta del riso e nelle attività connesse alla pesca. Se da una parte questi lavoratori contribuiscono a mantenere basso il prezzo di certi prodotti alimentari, dall’altra per le autorità thai questi rappresentano dei veri e propri “parassiti”; oltre a non pagare tasse non contribuiscono nemmeno all’economia thailandese in quanto non spendono i soldi guadagnati in loco, bensì li inviano alle rispettive famiglie nei Paesi di provenienza.

A onor del vero va detto che tra i lavoratori illegali poveri non sono pochi quelli che svolgono attività lavorative in concorrenza con i thailandesi stessi e, per tale motivo, sono altrettanto malvisti dalle autorità. Se da una parte un thailandese difficilmente concorrerà con un cambogiano nella racolta del riso per soli 135 baht al giorno, dall’altra non sono pochi gli illegali che lavorano in Thailandia nel settore della ristorazione e nell’alberghiero. Questi ultimi, oltre a non pagare un solo baht di tasse, sottraggono altresì posti di lavoro ai thailandesi stessi.

Per lavoratori illegali ricchi intendiamo principalmente i farang, ovvero noi occidentali. Non sono pochi coloro che, con il visto turistico, vivono in Thailandia da anni lavorando come insegnanti di inglese, guide turistiche e soci occulti in bar e ristoranti. Sebbene questi ultimi iniettino soldi nel tessuto economico locale dall’altra parte non pagano tasse come dovrebbero e per tale moltivo anche i farang sono entrati nel mirino della giunta militare.

Perché lavorare illegalmente in Thailandia

Per non pagare tasse. Lavorare in un Paese tropicale è il sogno di molti di noi, ma spesso norme restrittive e burocrazia non aiutano gli stranieri a realizzare i loro sogni. E così molti stranieri preferiscono scegliere la scorciatoia del visto turistico.

Va anche detto che le pratiche per l’ottenimento del visto di lavoro sono macchinose e prevedano la presentazione di parecchi documenti sia da parte del datore di lavoro, che da parte del lavoratore. Tutto questo si traduce in un costo per il datore stesso che va ben oltre quello della fee dovuta per il visto. Per tali motivi sono gli stessi datori che spesso richiedono allo straniero di lavorare col semplice visto turistico e il lavoratore quasi sempre accetta. Volentieri.

Insegnanti, guide, imprenditori

Uno dei mestieri che va per la maggiore tra i farang è quello dell’insegnamento della lingua inglese. Si trovano opportunità con facilità, gli stipendi sono discreti e per un madrelingua è la cosa più facile da fare.

Se da una parte le scuole pubbliche tendono a mettere in regola i lavoratori, dall’altra le scuole di lingue spesso non ci pensano proprio a offrire il Work Permit, il tutto per i motivi già detti. Dunque non c’è altra alternativa al lavoro illegale.

In Thailandia alcuni lavori sono vietati agli stranieri (2) – pena l’arresto e pesanti multe al datore di lavoro – e tra questi vi è anche quello di guida turistica. Non sempre è facile dimostrare che un sub stia lavorando come istruttore e non sia semplicemente “un appassionato di immersioni che gentilmente sta insegnando ai suoi amici venuti a trovarlo come ci si immerge”, soprattutto in contesti di turismo di massa, dove i controlli sono più difficili.

Anche questi ultimi lavoratori, se serve ripeterlo, non pagano tasse.

Un’ultima parola va spesa per gli imprenditori, ovvero i soci occulti di bar, ristoranti e alberghi. In Thailandia non è possibile aprire una ditta individuale a nome di uno straniero, ma per fare business occorre costituire una società. Va da sé che i costi elevati di apertura, registrazione, contabilità e regime fiscale hanno fatto sì che il farang abbia da sempre preferito altre strade, ovvero aprire una ditta individuale a nome di un thai.

La prassi è quasi sempre la stessa: il farang arriva in Thailandia, conosce una ragazza ed una volta accertato che è affidabile – questo sì, è fondamentale – e le fornisce i mezzi economici necessari per aprire una ditta individuale a suo nome. Lei sarà così finalmente proprietaria di un bar e, essendo cittadina thai, beneficerà di un regime fiscale ultrafavorevole; lui, dal canto suo, coronerà il suo sogno di poter vivere in Thailandia. Col visto turistico.

I furbetti del visto

Ci sono sempre stati vari modi per soggiornare illegalmente in Thailandia e fino a qualche mese fa hanno funzionato tutti.

Il modo più utilizzato è quello del visto turistico esteso, ovvero il sistema del “2+1, 2+1”. Si chiedeva un visto di due mesi a un’ambasciata thailandese e, allo scadere del sessantesimo giorno, ci si recava negli uffici dell’Immigration della città di residenza a chiedere l’estensione di ulteriori 30 giorni. Decorsi i tre mesi lo straniero doveva uscire dalla Thailandia per recarsi in un’ambasciata in uno dei Paesi limitrofi, ottenere un nuovo visto di due mesi estendibile di uno e il gioco era fatto: un totale di sei mesi di soggiorno da turista, tutto perfettamemte legale.

Decorsi i sei mesi lo straniero doveva uscire dalla Thailandia e rientrarvi per via aerea – l’ideale per farsi le ferie o tornare nel proprio Paese d’origine per far visita a parenti ed amici – e poi, ripetendo la stessa procedura, il farang poteva riprendere il suo soggiorno nel Regno per altri sei mesi. Nulla di più facile.

Un altro metodo parimenti utilizzato era quello del visto per motivi di studio, il visto ED (education). Non si sono mai viste tante persone interessate ad imparare il thailandese come negli ultimi anni. Ci si iscriveva ad una scuola di lingua thailandese, si pagava la tassa d’iscrizione e la scuola stessa procurava i documenti per l’ottenimento del visto ED di un anno, estendibile all’infinito. Ancora una volta tutto perfettamente legale. Del resto un’ora di corso al giorno non rappresentavano certo un ostacolo per lo studente che stava in Thailandia per fare tutt’altro, ovvero gestire un bar o un ristorante.

Discorso a parte va fatto per i pensionati, il cui regime non è cambiato. Con un visto Non-immigrant O lo straniero che ha compiuto almeno 50 anni può soggiornare legittimamente in Thailandia con un visto per pensionati. Se trasferirà la residenza per ottenere un visto annuale dovrà percepire una pensione mensile di almeno 65.000 baht (circa 1.600 euro) accreditata sul suo conto thailandese tramite i canali consolari, se invece non avrà intenzione di prendere la residenza dovrà dimostrare di avere un deposito di almeno 800.000 baht in una banca thailandese. Nemmeno da dire che, ora come in passato, molti occidentali ultracinquantenni hanno scelto quest’ultimo metodo per lavorare illegalmente in Thailandia.

La Giunta e la stretta sui visti

Un passaporto recante numerosi visti di entrata e uscita tra Thailandia e Laos | © foto Mauro Proni 2014

Tutte queste realtà erano ben note alle autorità; tuttavia se fino a qualche tempo fa gli ispettori dell’Immigration chiudevano un occhio, ora li hanno aperti tutti e due.

Il criterio ispiratore delle nuove disposizioni è molto semplice: se vuoi lavorare in Thailandia devi pagare le tasse.

Se da un lato nulla è cambiato per i turisti veri – il visto all’arrivo (VOA), ovvero quello che viene rilasciato in aeroporto o a qualsiasi frontiera terrestre, per noi italiani è sempre di trenta giorni (3) -, dall’altro le regole per i “turisti” di lungo periodo sono cambiate.

Dapprima il giochetto del “2+1, 2+1” non si può più fare in quanto sono principalmente questi soggetti ad essere entrati nel mirino della Giunta. Se l’ufficiale di frontiera ha il sospetto che lo straniero non sia un turista ma un lavoratore illegale può rifiutargli l’accesso anche se quest’ultimo è munito di regolare visto o chiedergli di dimostrare di essere un vero turista (sufficienti contanti al seguito per vivere senza lavorare, una prenotazione alberghiera in una località turistica, il biglietto aereo di ritorno nel suo Paese d’origine e così via).

Anche il trucchetto di uscire dalla Thailandia allo scadere del VOA (Visa On Arrival) di 30 giorni e rientrarvi il giorno stesso per estenderlo nuovamente di ulteriori 30 non è più praticabile, mentre fino a pochi mesi fa si poteva fare per almeno due volte, raggiungendo così un totale di tre mesi (1+1+1) e anche di più se l’ufficiale alla frontiera era particolarmente tollerante.

Non sono pochi i casi di stranieri che, recentemente, si sono presentati alla frontiera in ciabatte e con il casco del motorino sotto il braccio convinti di rientrare nel giro di un’ora con un altro visto di 30 giorni in tasca e che invece sono stati respinti. Immaginate la reazione di un visa runner (questo è il nome di coloro che estendono il visto col sistema del “dentro e fuori”) che non può più rientrare in Thailandia e che nemmeno può recarsi nella più vicina ambasciata perché ha solo pochi baht nel portafoglio e ha con sé solo i vestiti che indossa.

I visti ED hanno subito la stessa sorte. Fino a un mese fa fiorivano le scuole improvvisate che vendevano visti più che organizzare versi corsi di lingua. Gli ED visa normalmente erano validi un anno ed erano estendibili all’infinito, mentre ora sono validi 3 mesi estendibili fino a un anno. Inoltre, in sede di richiesta di etensione trimestrale, lo studente sarà sottoposto a una rapida prova di lingua dai funzionari dell’Immigration stessa. Si stanno anche verificando casi di ispezioni improvvise da parte della polizia nelle scuole private, al fine di verificare l’effettiva tenuta dei corsi e la frequenza degli studenti. Per tali ragioni alcune scuole contattate personalmente hanno sospeso l’avvio di nuovi corsi, o meglio, hanno sospeso la vendita dei visti.

A onor del vero va detto che le autorità thailandesi hanno pensato anche ai turisti, quelli veri. Se prima con il VOA un turista italiano godeva di 30 giorni estendibili di ulteriori 7, oggi l’estensione richiedibile è stata portata a 30. Non male per i backpacker di tutto il mondo (4) che vogliono trascorrere un paio di mesi nel Regno.

Conclusioni

E’ bene fare una precisazione. Le regole esposte in questo breve articolo sono in vigore da agosto 2014, ma saranno soggette a cambiamenti a breve vista la particolare situazione di transizione in cui versa il Paese e in virtù della complessità della materia che necessita, a giudizio di chi scrive, di un riordino complessivo.

Quando si cercano informazioni in Rete è bene anche ricordare di consultare sempre siti in lingua italiana perché le normative in vigore non sono universalmente valide, ma differiscono in virtù degli accordi bilaterali tra i Paesi coinvolti; le disposizioni per un cittadino australiano non è detto che siano applicabili anche ad un italiano.

Infine non dimenticate mai che, ora più che mai, entrare in Thailandia non è un diritto, bensì una gentile concessione delle autorità, basata su discerzionalità e prove presuntive. Al confine tra Thailandia e Malaysia si sono addirittura verificati casi di persone respinte anche se in possesso di regolare visto turistico rilasciato all’ambasciata thailandese di Kuala Lumpur.

Oggi parlare di regole certe è impossibile ed è anche il motivo per il quale molti operatori turistici e commercianti stranieri stanno abbandonando la Thailandia. A seguito dei recenti eventi che hanno coinvolto il Paese (colpo di stato militare, coprifuoco, ripulitura delle spiagge da stabilimenti balneari abusivi, rimozione di ufficiali di polizia compiacenti e corrotti) il turismo è crollato e con esso anche profitti privati e gettito fiscale complessivo (5).

Comunque sia, buon soggiorno nel Paese dei sorrisi!

Note
(1) Cfr. Two million foreign workers illegally work in Thailand in Thai PBS, 19 giugno 2014 [consultato il 08.09.14].
(2) Crf. Foreign Business Act (FBA), 1999.
(3) Fino a dicembre 2013 il visto per i cittadini italiani che varcavano il confine via terra aveva una durata di soli 15 giorni.
(4) Non tutti hanno diritto a un VOA di 30 giorni, poiché la durata dipende dagli accordi bilaterali sottoscritti tra i Paesi. Taluni cittadini stranieri hanno diritto a un VOA di soli 15 giorni ed altri non sono ammessi al VOA, per entrare in Thailandia devono munirsi di visto turistico presso l’ambasciata del Paese d’origine. La lista dei Paesi i cui cittadini beneficiano del VOA è disponibile all’indirizzo http://www.thaivisaservice.com/visa-rules.
(5) In base ai dati del Department of Tourism nei primi otto mesi del 2014 in Thailandia si è registrato un calo del 18,2% (Fonte: www.tourism.go.th). Secondo la stampa, già a febbraio 2014 si registravano perdite per 2,7 miliardi di baht (Cfr. Thailand Tourism Faces $2.7 Billion Loss Amid Unrest, in International Business Times, 23 febbraio 2014 [consultato il 11.09.14])

UPDATE: Nei commenti alcune precisazioni

Mauro Proni
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About Mauro Proni

Mauro Proni, classe 1975, si è laureato in giurisprudenza a Pavia nel 2000. Ha lavorato per quasi dieci anni nel settore legale coltivando nel contempo le sue grandi passioni: viaggiare, fotografare e scrivere. Già collaboratore dei magazine online Viedellest e EaSTJournal, è l'autore del libro "Laos. Usi, costumi e tradizioni", edito da Morellini. Attualmente vive in Laos, dove svolge la professione di insegnante e accompagnatore turistico.
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6 Responses to Visti per la Thailandia: le novità

  1. Dario says:

    Mauro solo una piccola considerazione,
    il VoA (visto di arrivo) a noi Italiani non ci interessa
    perchè il VoA è tutt’altra cosa ed è riservato a certi paesi,
    quello che a noi ci danno all’arrivo valevole 30 giorni
    è un permesso turistico, naturalmente prolungabile di ulteriori 30 giorni,
    come giustamente hai scritto.

    • Tiziano says:

      Giusto, chiamiamolo “permesso di soggiorno” o “permesso turistico” , non propriamente un visto.

  2. Tiziano says:

    Precisazioni circa il Visto PENSIONATI
    Non si tratta propriamente di un visto per PENSIONATI (essere pensionati, quanto meno italiani, a 50 anni la vedo dura), trattiamolo col suo nome:
    visto Non-immigrant O .

    Per ipotesi, un italiano cinquantenne NON pensionato che ha 800.000 baht (accreditati da oltre tre mesi in una banca thailandese) ha il requisito richiesto per ottenere il visto annuale. Si presenta all’Ufficio immigrazione con la “prova” (di solito il saldo del conto corrente in una banca thailandese, confermato dalla banca thailandese) ed ottiene il visto. Ovvio che, dovendo annualmente ripetere la richiesta di visto, la cifra diviene quasi immobilizzata.

    I pensionati hanno, come alternativa al denaro depositato in una banca thailandese, la presentazione del proprio CUD all’Ambasciata Italiana che provvede ad emettere un documento che ha valore, per l’Ufficio Immigrazione della Thailandia, simile al “deposito in banca”.
    N.B. il reddito dichiarato nel CUD viene convertito AL LORDO, quindi la sopracitata pensione mensile (1.600 euro) e’ da intendersi AL LORDO delle imposte.

    NON serve chiedere la “residenza in Thailandia”.
    Il concetto di residenza e’ legato allo stato italiano. Quando vi presentate in Ambasciata per ottenere la “dichiarazione di reddito” dovrete iscriversi all’AIRE e perdete la residenza italiana per quella thailandese, ma questo solo per la burocrazia italiana.
    Al momento della richiesta di visto la burocrazia thailandese NON vi chiede la residenza, vi chiede solamente un semplice recapito in Thailandia.

    Ovvio che, detto questo, i citati “canali consolari” che servirebbero per l’accredito della pensione in Thailandia non esistono…
    Qui trovate di pensione e fisco:
    http://www.asiablog.it/2014/10/28/pensione-in-thailandia/
    Qui un aggiornamento di NOVEMBRE 2015 per i visti turistici:
    http://www.asiablog.it/2015/11/18/thailandia-visto-turistico-a-entrate-multiple-in-vigore-dal-13-novembre-2015/

  3. Golinelli Giorgio says:

    buongiorno Mauro , avrei una domanda un po’ particolare … io lavoro su imbarcazioni Off shore , la mia rotazione di lavoro è 1 mese a lavoro e 25 giorni a riposo , in teoria non avrei bisogno di nessun visto. la mia domanda è : quante volte posso entrare in un anno solare in thailandia col semplice permesso che rilasciano in aereo da 30 gg ?
    le chiedo questo perche l anno scorso sono entrato e uscito 8 volte in un anno e mi hanno hatto delle storie all entrata , dicendomi che ero entrato e uscito troppe volte .vivendo 6 mesi all anno a phuket , vorrei non incombere in problemi di questo tipo . grazie mille per ora . Saluti Golinelli Giorgio

    • A me risulta che da gennaio qualcosa è cambiato, non molto per gli italiani, ma una modifica sostanziale riguarda l’ingresso per “terra”:

      “I cittadini che hanno diritto di esenzione dall’obbligo del visto di 30 giorni sono autorizzati a entrare in Thailandia attraverso i punti di controllo di frontiera terrestri non più di due volte per anno civile (1 Gennaio – 31 Dicembre). Ciò non influisce sulle entrate attraverso gli aeroporti internazionali.”

      Comunque leggi le note qui:
      http://www.thaiembassy.it/index.php/it/servizi-consolari/domanda-di-visto

      Credo che le rimostranze avute alla frontiera derivino dall’irrigidimento della giunta militare nei confronti di quanti (mal) utilizzano le entrate via terra con “visa entry” e/o i visti turistici medio brevi per soggiornare praticamente “a lungo” in Thailandia.

      Premesso che non credo ti sia utile il nuovo visto turistico di 6 mesi, direi che, vista la nota dell’ambasciata thai:
      “Ciò non influisce sulle entrate attraverso gli aeroporti internazionali”,
      se come dici le tue entrate sono tutte via aerea, sospetto che sia una contestazione o ante specifica o dettata da ignoranza della norma.

      Aggiungo un saluto alla speranza di essere stato utile (in assenza di Mauro)

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