Come si mangia in Thailandia?

Ornamento con yardlong bean ad una gara culinaria

A volte capita che qualche amico o conoscente, intenzionato a passare un periodo di ferie in Thailandia, mi contatti per avere informazioni e tra i suoi desideranda scrive: “Come si mangia in Thailandia? Voglio mangiare thailandese”.

Il mangiare è una necessità del nostro essere umani. Colazione, pranzo, merenda, cena ma anche solo quando si ha fame oppure quando capita, se capita. Quindi il problema “mangiare” di per se stesso non esiste, i thailandesi sono umani come tutti noi e per non morir di fame mangiano o cercano di mangiare. Semmai il problema riguarda solo la nostra adattabilità alla “cucina” di un’altra parte del mondo.

«L’adattamento all’ambiente è la risultante di 2 processi complementari che si integrano e si equilibrano:

  1. assimilazione: cioè il processo con il quale un oggetto o evento esterno viene modificato per poter essere integrato nella struttura psichica dell’individuo, senza necessità che questa si modifichi. È una tensione centripeta dell’oggetto esterno verso l’individuo. È l’oggetto esterno che deve adattarsi all’individuo che lo “assimila”. Il processo ricorda la digestione con la quale il cibo viene “adattato”, “reso simile” a colui che lo digerisce
  2. accomodamento: cioè il processo con il quale la struttura psichica dell’individuo deve modificarsi per adattarsi all’oggetto esterno che, in genere, è immodificabile. È una tensione centrifuga dell’individuo verso l’oggetto ed esprime l’adeguamento del soggetto verso la realtà.  

La necessità dell’adattamento emerge in presenza di determinate situazioni che si possono definire criticità in quanto “urtano” e mettono in discussione la normale visione del mondo …» [di chi si reca in posti molto diversi alla realtà in cui vive abitualmente, ndr]. (Espatriati: Psicologia e formazione oltre l’OccidenteGian Piero Taricco e Marco Castella)

Le nostre abitudini gastronomiche sono a volte argomento “indiscutibile” e “la nostra cucina è migliore della cucina di … “. Argomento talmente “logico” che viene preso a proprio vanto da molti consumatori abituali di una delle tante “cucine” del pianeta.

Insomma, non ci resta che combattere col nostro “gusto” contro il “gusto degli altri” e quindi non misurare la nostra adattabilità … per quel che riguarda il mangiare.

Fagiolinone

ถั่วฝักยาว (tua fak iao)

La prima volta che l’ho visto, istintivamente, l’ho chiamato “fagiolinone” (notare la potenza del poco usato morfema) ed ho poi scoperto di aver ben tradotto il nome inglese di questo baccello chiamato yardlong bean.

La Vigna unguiculata (Vigna sesquipedalis) è un legume della famiglia delle  Fabaceae (o Leguminose), noto in inglese come yardlong bean, snake bean o chinese long bean.

È una pianta subtropicale e tropicale diffusa nelle zone più calde dell’Asia meridionale, del sudest asiatico (compresa la Thailandia) e della Cina meridionale.  Le diverse varietà si distinguono dalla colorazione del baccello.

Il yardlong bean è lungo da 35 a 75 cm e viene coltivato soprattutto per i suoi baccelli raccolti prima che raggiungano la piena maturazione. Sono una buona fonte di proteine, vitamina A, ferro, fosforo, potassio e una buona fonte di vitamina C, acido folico, magnesio e manganese.

Chæm tao – foto tiziano matteucci

ชะเอมเถา (chæm tao)

Il nome scientifico del chæm tao è Myriopteron extensum (Wight & Arn.) K. Schum., sinonimo di Myriopteron paniculatum Griff. Questa pianta appartenente  alla  famiglia delle Asclepiadaceae (ma anche Apocynaceae) è poco conosciuta e studiata. Il suo habitat è circoscritto all’area della Thailandia, Laos, Vietnam, Birmania e alle zone tropicali di India e Cina.

yardlong bean e chæm tao – foto tiziano matteucci

Come per altri alimenti “sconosciuti”, che ho “scoperto” in Thailandia, anche il tua fak iao e il chæm tao vengono abitualmente lessati per creare pietanze oppure sono solo intinti nel nam prik (salsa piccante/issima). Il tua fak tao viene mangiato anche crudo quale complemento ad altre pietanze.

A me piacciono entambi crudi (a volte cotti al vapore) con un filo di olio d’oliva (purtroppo di provenienza incerta nonostante le etichette italiane) ed un pizzico di sale. Ovvio che questo mio modo di mangiarli crea stupore negli indigeni ed a questo punto, a ben declinare il mio atteggiamento nei confronti dell’adattabilità all’ambiente esterno, direi: assimilazione…  ma potrebbe anche essere: accomodamento.

Il mangiare credo sia anche un piacere indissolubilmente legato al “gusto” in cui siamo cresciuti e doversi raffrontare con un altro “gusto” richiede, forse, l’approfondimento del motivo per cui esistono “gusti” tanto diversi.

Innanzi tutto serve considerare l’ambiente. L’esuberanza della natura del sudest asiatico non trova paragone nella (relativamente) fredda Europa. Poi serve pensare alle mutazioni avvenute nel tempo. In Thailandia sino a 5oo anni fa non esisteva il peperoncino, come in Italia non esistevano patata e pomodoro. Forse vale la pena riflettere su come “mangiavamo” rispetto a come “mangiamo” oggi. A quanta “fame” avevamo che oggi non abbiamo. E occorre anche valutare le caratteristiche di questa o quella “cucina” del punto di vista nutrizionale, se non la provenienza dei componenti, la loro coltivazione, insomma la cosiddetta filiera produttiva …

Quindi non ho una risposta alla domanda iniziale, ma tanti interrogativi.

Verdure lesse e nam prik

Tiziano Matteucci
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About Tiziano Matteucci

"Siede la terra dove nata fui / su la marina dove ’l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui." (Dante Alighieri - Inferno, V). Per il resto non c'e' molto da dire. Pensionato italiano che ora risiede in una cittadina del nord ovest della Thailandia per un assieme di causalità e convenienze ... c'è solo una cosa certa: "faccio cerchi sull'acqua ... per far divertire i sassi" (Premdas)
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