Thailandia, la verità indesiderata

baraccopoli bangkok

Il Sig. Udom nella baraccopoli di Klong Toey, Bangkok, Thailandia. Foto Silent Tapes

Visto che Prayuth Chan-ocha, capo della giunta militare thailandese, ha minacciato di giustiziare i giornalisti che “non dicono la verità”, viene da chiedersi cosa ne pensi invece degli economisti.

Dopo aver proposto un’indagine sulla disuglianza di reddito, quel che segue, ad opera della Thailand Future Foundation, è l’analisi riguardante le politiche economiche praticate in Thailandia nel corso degli ultimi 10 anni. 

Salario minimo di 300 baht al giorno
Ciò che è accaduto, ciò che è necessario accada

Gli ultimi 10 anni non sono stati un periodo splendido per la politica economica attuata in Thailandia. Il paese ha visto 6 diversi governi negli ultimi 10 anni. Ma indipendentemente da chi fosse al potere, la stragrande maggioranza delle politiche attuate sono state essenzialmente di natura populista, coprendo tutta la gamma che, dal ragionevolmente sensato (ad esempio: sanità e istruzione fortemente sovvenzionate), all’irragionevole (autobus, treni ed elettricità gratuiti, tablet per giovani studenti), arriva all’insensato, come la distribuzione di 2.000 baht ai cittadini meno abbienti, le sovvenzioni per l’acquisto della prima auto oppure il fiscalmente oneroso sussidio ai coltivatori di riso.

Le politiche non populiste sono state poche e molte hanno avuto effetti indesiderati (ad esempio: controllo sui capitali sotto forma di 30% di riserva obbligatoria non retribuita, revisioni al Foreign Business Act). Le politiche per migliorare la produttività del Paese sono state sostanzialmente assenti. Inoltre, la competitività del paese è stato erosa dal forte aumento del salario minimo implementato due anni fa.

Il nuovo salario minimo di 300 baht al giorno è stato un aumento di oltre il 70% del precedente minimo salariale. All’epoca era prevedibile che questa politica di aumento salariale comportasse un significativo aumento dell’inflazione e della disoccupazione, aziende che non delocalizzano e chiudono, inferiori benefici non salariali, minore conformità normativa e minore competitività.

Cosa è in realtà accaduto dopo due anni dall’ (iniziale) aumento del salario minimo?

Cos’è accaduto

1. I salari medi del settore privato sono aumentati di quasi il 40%.
I salari medi giornalieri erano 456 baht nel 2013, praticamente più 40% dai 328 baht del 2010.
Anche se non tutto l’incremento può essere attribuito all’aumento del salario minimo, può esserlo per la gran parte. Nei 7 anni precedenti, al nuovo salario minimo, i salari nominali erano aumentati solo del 3,3% annuo, al passo con l’inflazione, che in media circa il 3,0%.

2. Contrariamente alle aspettative, l’inflazione non è aumentata notevolmente.
Mentre i dati ufficiali pubblicati probabilmente sottostimano l’inflazione effettiva, l’inflazione dei  prezzi al consumo nel 2012 è stata solo del 2,2%, inferiore a quella del 3% registrato in precedenza. Questo è in netto contrasto con molte aspettative. Il Ministero del Commercio, per esempio, aveva stimato nel 2011 che il nuovo salario minimo avrebbe aumentato l’inflazione dal 4% al 7%.

3. Non c’è neanche disoccupazione.
Nel 2011 un istituto previde un possibile incremento di 1,2 milioni di disoccupati a seguito del provvedimento. Quel che è realmente accaduto è stato che il numero di disoccupati è sceso di circa  40.000 unità ed il tasso di disoccupazione ufficiale rimane basso: 0,8%.

4. I benefici non salariali sono stati ridotti.
Come previsto, i datori di lavoro hanno tagliato i benefici non salariali (per esempio, cibo sovvenzionato, abbigliamento e alloggio) di circa il 20%, ma questi benefici rappresentano una parte (molto) piccola della retribuzione complessiva e sono stati in gran parte sostituiti da un aumento salariale non compensativo (es. consulenze, lavoro straordinario e bonus).

5. Il rispetto della norma è un po’ diminuito: quasi il 30% dei lavoratori guadagnano ancora al di sotto della nuova legge dei 300 baht minimi.
Il dato registrato nel 2010, prima dell’introduzione della nuova norma , era al 22%.

6. Le imprese non si sono in realtà ricollocate da provincia a provincia.
Contrariamente alle aspettative le imprese non hanno realmente trasferito da province periferiche, che in precedenza avevano un basso salario giornaliero minimo, conseguentemente alla nuova uniformità  salariale minima nazionale. Il modello preesistente di occupazione per provincia non è praticamente cambiato. Anche nelle 20 province, con i maggiori aumenti di legge salario minimo, l’occupazione è diminuita solo dello 0,5%.

7. Ma le chiusure di imprese, su base annuale, sono più che raddoppiate.
Negli anni precedenti la nuova politica salariale, le chiusure aziendali registrate erano circa 7.000 all’anno. Da llora sono costantemente aumentate, raggiungendo le oltre 17.000 chiusure del 2013. E mentre le inondazioni di fine 2010 probabilmente influiscono sugli aumenti di chiusure rilevati nel 2011, gran parte del susseguente aumento è probabilmente avvenuto a causa dei salari più alti.

8. I lavoratori che guadagnano salari più bassi non sono stati i maggiori beneficiari dell’aumento del salario minimo
Come notato in precedenza, il salario media giornaliero nel settore privato è aumento di quasi il 40% a 456 baht.
Ma i salari, per molti che guadagnavano significativamente al di sotto della media, è aumentato  meno.
I dipendenti di punti vendita e ristoranti e le guardie di sicurezza, per esempio, guadagnavano circa il 20- 30% al di sotto della media nazionale, ma i loro salari sono aumentati solo del 25%, al di sotto dell’aumento medio del 40%.
I salariati agricoli in media guadagnano 260 baht, un terzo in più di prima, ma ancora al di sotto del nuovo salario minimo.

9. I salari hanno superato la crescita della produttività, facendo diminuire la nostra competitività ai livelli di 10 anni fa.
Nel corso degli ultimi 10 anni, la produttività del lavoro in Thailandia è cresciuta, ad un ritmo relativamente poco brillante, del 2% medio annuo. Ma prima dell’aumento del salario minimo, i salari reali (esclusa l’inflazione) erano cresciuti ancor meno, contribuendo a salvaguardare la nostra competitività. Dal momento degli aumenti, però, i salari reali hanno superato in modo significativo la crescita della produttività. La crescita cumulativa dei salari reali ha superato la produttività di circa 5 punti percentuali nel corso degli ultimi 10 anni, con un conseguente calo della nostra competitività.

Cos’è necessario che accada

L’aumento del salario minimo ha contribuito ad aumentare reddito e tenore di vita. I passati aumenti salariali hanno tenuto il passo con l’inflazione. Ma mentre il forte aumento del salario minimo non ha avuto l’impatto deleterio che si temeva (inflazione più alta,  disoccupazione, non conformità normativa e delocalizzazione), è stato un caso di “troppo e troppo presto”, come risulta dall’elevato numero di chiusure aziendali e il declino della nostra competitività. Almeno altre due cose devono necessariamente accadere.

In primo luogo, ottenere la crescita della nostra produttività.
Le cose che dobbiamo fare in questo campo sono ben note, ad esempio, indirizzare gli investimenti  (sia nel settore pubblico che privato) verso: riforma scolastica, per produrre il tipo di competenze richieste dal mercato; migliorare R & S (ricerca e sviluppo) per contribuire a spostare la catena del valore. Ma, come dimostrano chiaramente le revisioni delle politiche economiche dei 10 anni passati,  queste non sono le cose che vengono fatte. Quello che viene invece fatto sono misure populiste sotto forma di numerosi omaggi e sussidi.

In secondo luogo, una specifica protezione sociale per i più vulnerabili.
Come è stato documentato altrove, la maggior parte dei benefici approvati dai vari regimi populisti (es. le sovvenzioni per i produttori di riso o gli sgravi fiscali per la prima vettura), non sono andati a beneficio dei più poveri o dei più vulnerabili. E, come abbiamo visto, non sono stati i più poveri i maggiori beneficiari della crescita del salario minimo.

La crescita della produttività è l’unico modo per aumentare i salari reali ed un sostenibile tenore di vita.
Non possiamo legiferare o regolare il nostro modo di vita sugli standard più elevati. Se fosse così facile, ogni paese ordinerebbe semplicemente un salario minimo più alto e non esisterebbe la povertà nel mondo. Molto meglio dirigere le nostre risorse e l’attenzione lontano da schemi populisti poco mirati a migliorare la produttività.

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Caso vuole che l’analisi sia stata pubblicata un mese prima del colpo di stato e quindi presenta critiche non indirizzate verso l’attuale regime. Ma forse sarebbe il caso che il Primo Ministro, invece di giustiziare i giornalisti, riflettesse su un’affermazione che gli autori fanno nel precedente rapporto:

“La disuguaglianza di reddito accompagna da lunga data i thailandesi ed è poco probabile che sparisca in tempi brevi. La maggior parte delle persone probabilmente può anche accettare che qualche disuguaglianza del reddito sia inevitabile. Molti thailandesi potrebbero attribuirlo a cattivo karma. Ma persistenti disuguaglianze di opportunità sono molto più difficili da accettare e possono provocare senso di ingiustizia, rancore e conflitti. Le persone possono accettare di perdere la gara, ma non che venga loro impedito di competere.”

 

 Fonte immagine: Silent Tapes

Tiziano Matteucci
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"Siede la terra dove nata fui / su la marina dove ’l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui." (Dante Alighieri - Inferno, V). Per il resto non c'e' molto da dire. Pensionato italiano che ora risiede in una cittadina del nord ovest della Thailandia per un assieme di causalità e convenienze ... c'è solo una cosa certa: "faccio cerchi sull'acqua ... per far divertire i sassi" (Premdas)
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