Farang in Thailandia

Guajava in vendita al mercato – foto tiziano matteucci

Tutti gli stranieri, con tratti somatici caucasici, in Thailandia vengono chiamati farang (ฝรั่ง) e questo vale tanto per un neozelandese quanto per un italiano (giusto per citare due nazionalità geograficamente agli antipodi).

Ma in Thailandia anche l’albero ed il frutto della guava o guajava (psidium guajava L.) vengono chiamati: farang (ฝรั่ง).

Farang – foto tiziano matteucci

Il frutto, che nella forma, mi ricorda la mela  cotogna,  ha un sapore dolce e delicato.

Ha una polpa molto consistente con al centro tanti piccoli semi.

Ricco di acido ascorbico, viene prevalentemente consumato fresco.

Il termine farang è controverso, non tanto la sua origine – di cui non starò qui a disquisire -, quanto il suo abituale utilizzo che, a qualcuno, non piace.

«Tutti i thailandesi si riferiscono alle popolazioni bianche come Farang, una parola spregiativa equivalente al termine “diavoli bianchi” dei razzisti in Cina. Descrive una differenza. “Noi siamo Thai”, dicono e pensano con orgoglio. Loro sono Farang. E naturalmente tutti i farang pensano alla stessa maniera poiché la democrazia è un concetto Farang. Non c’è riconoscimento del fatto che ci siano occidentali di destra o occidentali di sinistra. E, naturalmente, i Farang non possono proprio capire la Thailandia.» (Giles Ji Ungpakorn – l’articolo in originale non è visibile in Thailandia per  la censura praticata su Internet)

Se escludo le persone di famiglia e qualche conoscente, io vengo sempre definito (se parlano tra di loro) o interpellato (quando mi rivolgono la parola) come farang ma la cosa non mi infastidisce, non ci trovo toni spregiativi, anche se devo ammettere che alcuni atteggiamenti segnalati da Ungpakorn, dissidente thailandese di fede repubblicana e forzatamente residente all’estero, li ritrovo spesso nel vivere quotidiano e devo ammettere che a volte non è facile superare questi ostacoli generati da diverse educazioni culturali.

D’altra parte qui non è facile passare inosservati, come diceva un amico, “qui siamo come preti sulla neve”…

Io non ho mani che mi accarezzino il volto (1953/63) – Mario Giacomelli

Fonte immagine: Mario Giacomelli

Tiziano Matteucci
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About Tiziano Matteucci

"Siede la terra dove nata fui / su la marina dove ’l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui." (Dante Alighieri - Inferno, V). Per il resto non c'e' molto da dire. Pensionato italiano che ora risiede in una cittadina del nord ovest della Thailandia per un assieme di causalità e convenienze ... c'è solo una cosa certa: "faccio cerchi sull'acqua ... per far divertire i sassi" (Premdas)
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2 Responses to Farang in Thailandia

  1. crisrodrigo says:

    La mia opinione sulla parola incriminata l’ho espressa su svariati forums e gruppi facebook… Tra censure e chiusure dei siti e’ rimasta leggibile solo qui http://amicidipattaya.forumc.net/t66-la-parola-farang-e-dispregiativa

    • Tiziano says:

      Crisrodrigo, l’avevo letta (ed anche altre).
      Ho riportato quella di un thai, che in parte non condivido, per evidenziare che nel sistema ci sono delle crepe.
      Il “vero problema” non sta nel suo uso (offensivo/non offensivo) ma nella carenza “educativa”.
      Per “educativa” intendo quel miscuglio tra: sistema educativo nazionale, le cui carenze sono sotto gli occhi di tutti coloro vogliono vederele, e “orgoglio nazionalistico” (quel che viene definito: thainess), elementi entrambi gestiti ed imposti dal “potere” ed il potere viene gestito da 83 anni sempre (a parte brevi parentisi presto chiuse) dalle medesime oligarchie d’elite ed a scapito della “massa”.
      Evidente che i thai sono vittime di questa situazione e quindi “farang” deve essere interpretato solo come un segnale di qualcosa che non funziona nel sistema, una distorsione.
      Certo, a guardare il tutto con gli occhi di chi detiene il potere, si potrebbe affermare che “tutto funziona benissimo”.
      Ma si stanno aprendo delle crepe, ci vuol pazienza, tanta pazienza.
      Un saluto.