Popoli Migranti: l’uso del linguaggio per preparare i genocidi

“L’estrema soluzione” della Destra per il Polesine, da La Voce, 15 sett. 2011

«Voi eravate pienamente consapevoli del potere delle parole e avete usato la radio e i mezzi di comunicazione per disseminare odio e violenza. Senza machete, armi da fuoco o di altro genere avete causato la morte di migliaia di civili innocenti». Con queste parole, il 3 dicembre 2003, il Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda (ICTR) ha condannato all’ergastolo per genocidio, incitamento al genocidio e crimini contro l’umanità, Ferdinand Nahimana, co–fondatore della Radio Télévision Libre des Mille Collines di Kigali e Hassan Ngeze, direttore e redattore del giornale Kangura.

Il tribunale ha quindi riconosciuto il contributo dato da questi media, ed altri mezzi di informazione, nel fomentare l’uccisione di circa 800.000 ruandesi, la maggior parte della minoranza tutsi, nel 1994, con una campagna durata mesi. Uno degli slogan trasmessi da Radio des Milles Collines per incitare gli hutu a massacrare i tutsi era: “per uccidere i topi grandi bisogna uccidere i topi piccoli“.

Yves Ternon (Lo stato criminale – I genocidi del XX secolo) fa un’analisi interessante sull’uso del linguaggio nel preparare i genocidi: separa prima e disumanizza poi le vittime, toglie loro la dignità di esseri umani e le relega in un universo subumano, pronte così a diventare bersagli.

Per marchiare le future vittime si usano termini tratti dal mondo animale perché non sono più uomini (scarafaggi, topi, vipere, cani rognosi, ecc.) e vengono usate anche metafore che fanno riferimento alla malattia: queste persone diventano parassiti, bacilli o il cancro che infesta, perciò la loro eliminazione costituisce una operazione lecita e auspicabile (si estirpa un cancro, si guarisce la società dalla malattia ecc.).

E così il semplice fatto di pronunciare determinate parole rende accettabili e addirittura produce immensi massacri di uomini, donne e bambini. Basta dare un’occhiata ai giornali della propaganda nazista e fascista per rendersene conto.

È incontestabile che gli ebrei siano degli esseri umani […]; ma anche la pulce è un animale, per quanto sgradevole, ed è questo il motivo per cui gli uomini non proteggono, né ingrassano la pulce, ma cercano di renderla innocua”.

(Dalla prefazione di Popoli Migranti – Amnesty International)

Un testo curato dalla sezione italiana di Amnesty International (lo trovate qui in pdf). Un percorso didattico per insegnanti che, di sicuro, in questo convulso momento storico, può interessare anche coloro che insegnanti non sono.

Leggetelo come un piccolo passo verso un futuro migliore, più pacifico, meno conflittuale. Un miglioramento al quale, anche con piccole cose, tutti possono partecipare.

Tiziano Matteucci
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"Siede la terra dove nata fui / su la marina dove ’l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui." (Dante Alighieri - Inferno, V). Per il resto non c'e' molto da dire. Pensionato italiano che ora risiede in una cittadina del nord ovest della Thailandia per un assieme di causalità e convenienze ... c'è solo una cosa certa: "faccio cerchi sull'acqua ... per far divertire i sassi" (Premdas)
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2 Responses to Popoli Migranti: l’uso del linguaggio per preparare i genocidi

  1. foibar says:

    Si comincia, piano piano ma si comincia a capire chi sono i superEroi: http://ilblogdilameduck.blogspot.it/2015/08/ci-salveranno-i-cattivi-perche-i.html#comment-form

    • L’ho letto, Foibar, il post ed anche tutti commenti … per tutto il tempo mi frullava in mente l’immagine di una psicologa sperimentale che fa un esperimento (senza dichiararlo).
      Che altrimenti porre come presupposto:
      “… l’uomo , è cattivo. Una bestia immonda che si scatena appena lo metti nel giusto contesto. E’ etologia. Metti dei dominanti in una gabbia con altri dominanti o con dei sottomessi e sarà carneficina. Non è Hitler, è Dio padre onnipotente ed eterno, per chi ci crede. La Natura, per i laici.”,
      mi pare azzardato e non credo si possa considerare un mio ‘punto di vista’.

      Bene/male, una complessa architettura (montata all’interno del nostro cervello – ogni singolo cervello-), una struttura ancora, e forse impossibile, da comprendere (non sono io ma la neuro scienza ad affermarlo), che alcuni stanno tentando di decodificare.
      Che possa esistere un margine di miglioramento, rispetto agli altri animali terrestri, viene reso plausibile dalla nostra diversa animalità (unicità).
      Ma qui, forse, sono io ad essere “ottimista nonostante tutto”.

      Grazie del link.

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