Parigi … nessuno è più al sicuro

Attentati a Parigi

Attentati a Parigi – fonte Il FattoQuotidiano online

Parigi sotto attacco, salto di qualità dei terroristi con un messaggio di morte: in Occidente nessuno è più al sicuro

Titola così l’analisi scritta da Leonardo Coen, per il Fatto Quotidiano.it, che scrive:

«Un ristorante del X arrondissement, sventagliate di kalashnikov al Bataclan che si trova nell’XI arrondissement, sparatorie ed esplosioni allo Stade de France dove François Hollande assisteva all’amichevole tra la Francia e la Germania. Massacrare la gente e spaventare il presidente. Colpire orizzontale e colpire verticale. Messaggio: nessuno è più al sicuro. Siamo nell’ombra, sempre pronti a colpire. Per ogni nostro combattente caduto siamo pronti a mandarne altri dieci.
Gli obiettivi dimostrano che il salto di qualità della guerra che c’è tra Occidente e radicalismo islamico è un dato di fatto. Dobbiamo rassegnarci: siamo in stato di guerra, una nuova guerra che si combatte in Francia, che domani si combatterà in altri Paesi d’Europa. I flussi colossali ed incontrollabili dei migranti hanno messo in crisi il Vecchio Continente, dirottato parte delle sue capacità di prevenzione e sicurezza.

Gli apparati antiterrorismo, i servizi e l’Europol da mesi hanno alzato i loro livelli d’allarme. Ma ancora una volta si sono dimostrati inefficaci. Il problema è che le azioni di venerdì sera sono ben altra cosa della strage a Charlie Hebdo. Il settimanale satirico era un obiettivo annunciato. Gli attentati di ieri hanno avuto una sola logica, quella di seminare morte e suscitare la reazione della gente. Provocare una crisi politica, obbligare l’Eliseo a scelte illiberali. Alzare muro contro muro.»

L’analisi politica fatta da Coen può piacere o non piacere, ma non è questo il punto su cui vorrei soffermarmi ma sull’affermazione: nessuno è più al sicuro.

In quale epoca l’uomo è mai stato al sicuro?

Sicurezza, questa protonecessità umana, cercata da secoli con recinti, fossati, muri e, nel tempo, con la (a volte ancora imperfetta se non a volte inutile) Giustizia. Sicurezza, che spesso oggi viene spacciata nel solo fatto di essere membri di una nazione, un popolo, una fede. Forse tutte pie illusioni sino a quando l’essere umano non potrà scrutare a fondo in se stesso per capirsi e migliorarsi. Ho scritto potrà non ho scritto vorrà. E questo perché la conoscenza, l’insegnamento, dovrebbe essere l’impegno primario di chi governa una nazione, un popolo, una fede.

Scrive Zygmunt Bauman:

«Se si legge con attenzione Le benevole di Littell, si può cogliere una larvata critica all’interpretazione, comune e fatta propria dalla stessa Hannah Arendt, della tesi della «banalità del male», vale a dire alla supposizione che il malfattore Eichmann fosse un «uomo irriflessivo» — sconsiderato, irrazionale.

Dal ritratto che ce ne offre Littell, Eichmann emerge come una persona assolutamente diversa da un irriflessivo esecutore di ordini o da uno schiavo delle proprie passioni.

«Non era certo il nemico dell’umanità descritto a Norimberga», «né un’incarnazione della banalità del male». Era, al contrario, «un talentuosissimo burocrate, estremamente dotato nell’espletamento delle sue funzioni, con una statura considerevole e un accentuato senso di iniziativa personale».

In qualità di manager, Eichmann avrebbe per certo rappresentato il fiore all’occhiello di qualunque rispettabile azienda europea (si potrebbe aggiungere: comprese quelle possedute o dirette da ebrei).

Il narratore di Littell, il dottor Aue, sottolinea ripetutamente che nei numerosi incontri personali avuti con Eichmann non notò mai la minima traccia di pregiudizio personale, né tantomeno un odio acceso nei confronti dei giudei che vedeva come niente di più ma anche niente di meno che gli «oggetti» da processare debitamente come richiesto dal suo ufficio. Che si trovasse a casa sua o al lavoro, Eichmann era coerentemente la stessa persona. Il tipo di persona che era, ad esempio, quando insieme ai suoi camerati delle SS eseguiva due dei quartetti di Brahms: «Eichmann suonava con calma, metodicamente, con gli occhi fissi allo spartito; non faceva alcun errore».

Se Eichmann era «normale», allora nessuno è a priori esente dal sospetto. Nessuno dei nostri amici e conoscenti radiosamente normali; e neppure noi.

I Chip Frederick e gli Adolf Eichmann camminano per le nostre strade in bella vista, fanno la coda come noi alle stesse casse di uscita dei supermercati, riempiono cinema e tribune di stadi da calcio, viaggiano su treni o autobus o restano bloccati negli ingorghi del traffico cittadino. Potrebbero abitare nella casa accanto alla nostra, o perfino sedere alla nostra tavola. Ciascuno di loro, se ricorressero le debite circostanze, potrebbe fare quello che hanno fatto Chip Frederick o Adolf Eichmann.

E che dire di me? Se così tante persone sono potenzialmente in grado di compiere atti dettati dalla natura umana, io stesso potrei per caso, per un mero capriccio del destino, diventare una delle loro vittime. Loro possono fare una cosa del genere. Ma non è forse vero che con la stessa facilità potrei diventare proprio io uno di «loro»? Vale a dire un altro «essere umano normale» che può fare ad altri esseri umani quel che essi hanno fatto?»

(Le sorgenti del male, Zygmunt Bauman, Edizioni Centro Studi Erikson)

Tiziano Matteucci
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About Tiziano Matteucci

"Siede la terra dove nata fui / su la marina dove ’l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui." (Dante Alighieri - Inferno, V). Per il resto non c'e' molto da dire. Pensionato italiano che ora risiede in una cittadina del nord ovest della Thailandia per un assieme di causalità e convenienze ... c'è solo una cosa certa: "faccio cerchi sull'acqua ... per far divertire i sassi" (Premdas)
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