Thailandia, lo stato di polizia dietro il paradiso turistico

Selfie con in soldati

Selfie con in soldati che hanno appena realizzato l’ultimo degli oltre venti colpi di stato militari in Thailandia. Bangkok, 25 maggio 2014, foto Getty.

Di Matthew Tempest, 15 marzo 2016, EurActiv.com

A seguito delle tante accuse di violazione dei diritti umani, l’Unione europea sta osservando attentamente la giunta militare attualmente al potere in Thailandia.

Nel novembre del 2015, appena un anno dopo il colpo di stato, la situazione dei diritti umani era degenerata al punto che il Parlamento europeo approvò una risoluzione che invitava il generale Prayuth Chan-Ocha a: «fermare gli arresti arbitrari e le detenzioni, annullare condanne e sentenze … liberare i difensori dei diritti umani, i giornalisti e tutti gli individui che con frasi o critiche avevano esercitato pacificamente i loro diritti alla libertà di espressione

Questo era solo un punto di un elenco di 14 richieste che includevano anche i diritti per i civili di essere processati in tribunali civili – non in tribunali militari -, la fine alla censura alla stampa e ai media online per la pubblicazione di informazioni relative alla monarchia e, non ultimo, di riconsiderare la legge di ‘lesa maestà’, che proibisce qualsiasi discussione sulla monarchia.

I deputati hanno inoltre esortato il Servizio Europeo per l’azione esterna e l’Amministrazione degli affari esteri della UE, a “impegnarsi in un dialogo costruttivo sulle questioni in materia di protezione dei diritti umani e sul processo di democratizzazione” con il governo thailandese – anche in qualità di osservatori a tutte le udienze penali contro attivisti e dissidenti.

È stato un appello delle preoccupazioni dei deputati provenienti da 14 stati membri, uniti nel condannare il regime militare di un paese col quale di recente, durante il premierato di Yingluck Shinawatra – democraticamente eletta -, erano stati pronti a firmare un accordo di libero scambio con l’UE.

Forse per la maggior parte degli europei, la Thailandia evoca ancora immagini di cibi esotici, spiagge e turisti zaino in spalla. Ma per molti thailandesi — e sempre di più per diplomatici, accademici e giornalisti occidentali — è, usando la definizione di Human Rights Watch, “uno stato di polizia“.

I giornalisti che osano criticare la giunta, che ha preso il potere nel 2014, vengono inviati in caserma per un “adeguamento dell’atteggiamento” [attitude adjustment]. Alcuni accademici critici col potere esercitato dal regime militare sono fuggiti in esilio ma le loro famiglie, rimaste in patria, vengono vessate dai militari. Le arcaiche leggi di “lesa maestà” sono applicate in modo talmente omnicomprensivo che anche l’ambasciatore degli Stati Uniti a Bangkok è stato messo sotto inchiesta della polizia.

Gli accademici che hanno svolto ricerche sulle violazioni dei diritti umani e dei diritti dei lavoratori nelle industrie della pesca e frutticola sono stati accusati di diffamazione e criminalità informatica. Secondo Thai Lawyers for Human Rights (Associazione Avvocati Thailandesi per i Diritti Umani, TLHR), almeno 77 accademici sono stati molestati dal maggio 2014, mese in cui c’è stato il colpo di stato. Ciò comporta visite a domicilio da parte di ufficiali dell’esercito che ordinano ai professori di cambiare la loro “mentalità critica”, con l’alternativa di 48 ore in un campo di ‘Attitude Adjustment “. Secondo il TLHR almeno cinque studiosi sono già fuggiti in esilio, tra cui Pavin Chachavalpongpun, che ha ottenuto lo status di rifugiato politico dal Giappone ed ora è docente presso l’Università di Cambridge in Inghilterra.

Ma non solo accademici. Human Rights Watch cita molti esempi di avvocati detenuti semplicemente per aver fatto il loro lavoro. Nel mese di febbraio, all’avvocato per i diritti umani Sirikan Charoensiri, la polizia di Bangkok ha mosso accuse per aver rappresentato degli attivisti l’anno prima. Lo stesso mese, l’avvocato che rappresenta un uomo accusato dell’attentato al santuario di Erawan a Bangkok nell’agosto del 2015, è stato minacciato di diffamazione e falsa dichiarazione per aver affermato che il suo cliente era stato torturato.

Secondo Brad Adams, direttore per l’Asia di Human Rights Watch, «la giunta militare non gestisce solo uno stato di polizia, ma anche le rappresaglie contro gli avvocati che difendono le vittime. Le violazioni dei diritti umani in seguito al golpe sembra essere senza fine. Invece di difendere lo stato di diritto, la giunta lo sta indebolendo con la persecuzione degli avvocati che fanno il loro lavoro difendendo i loro clienti e segnalando gli abusi da parte delle autorità».

L’edizione internazionale del New York Times ha avuto – in almeno due occasioni – articoli censurati dall’edizione del quotidiano stampato in Thailandia. Il 10 marzo, il Comitato per la Protezione dei Giornalisti si è formalmente lamentato con gli ambasciatori stranieri a Bangkok per i condizionamenti a cui devono sottostare i giornalisti.

Shawn Crisp ha affermato che ,”a parte quando le pallottole volavano nella capitale durante le proteste politiche, durante i miei 17 anni di esperienza giornalistica in Thailandia la situazione per i giornalisti non è mai stata così terribile“.

Secondo un giornalista occidentale basato a Bangkok – che ha parlato a EurActiv.com a condizione di restare anonimo per evitare ritorsioni da parte del regime – la situazione non è ancora così grave per i giornalisti stranieri, se si confronta con quella dei giornalisti thailandesi, ma pare si stia andando in quella direzione.

«Non è una situazione molto piacevole – anzi, è abbastanza spaventosa. Per la giunta militare la critica è, sostanzialmente, fuori legge. Loro possono venire da voi in qualsiasi momento. Quando la giunta ha preso il potere credo sia stato un grande shock per molti giornalisti. Alcune delle testate più critiche sono state chiuse. I giornalisti locali vengono presi e rinchiusi per “Attitude Adjustment”, il che significa, in sostanza, duri interrogatori. Sì, è piuttosto spaventoso.

Non hanno ancora avuto il coraggio di fare questwe cose con un giornalista occidentale – ma le cose potrebbero cambiare.  Per altro, l’iter burocratico per ottenere il visto come giornalista straniero è diventato notevolmente più complesso. Il Ministero degli Esteri ha iniziato a interrogare i giornalisti occidentali, ponendo loro domande tipo “Cosa ne pensi della democrazia?” “Cosa ne pensi della libertà di parola?”, “Quali altri giornalisti conosci?”. È un procedimento ostile. E hanno cominciato a ridurre il numero di visti rilasciati.

In passato, il governo tailandese è stato relativamente aperto ai media. Era un atteggiamento di cui erano orgogliosi, nei confronti dei loro vicini nel sudest asiatico. Il Generale Prayuth è invece apertamente ostile e sprezzante con i media. La giunta, molto semplicemente, non sente il bisogno di parlare con i media, di spiegarsi, non ritiene di avere delle responsabilità».

E questo scenario non sembra destinato a cambiare nel breve termine.

Il 3 marzo il vice primo ministro – e anche ministro della Difesa – Prawit Wongsuwon ha ‘promesso’ che qualsiasi critico del governo che fa “commenti che danneggiano la nazione e causano conflitti” sarà sottoposto all’ “Attitude Adjustment” per una settimana.

«Se parlano 100 volte, saranno convocati 100 volte, per ‘parlare’ da 3 a 7 giorni».

Ben felice di descrivere … “le violazioni dei diritti umani da parte della giunta Thai”. Secondo Human Rights Watch, almeno 200 siti web sono stati bloccati dai militari – compreso il loro HRW Thailand – per “minaccia alla sicurezza nazionale”.

Contesto

La moderna politica thailandese è stata forgiata nelle rivolte studentesche degli anni 70 del secolo scorso, prima nel 1973 contro il dittatore militare anti-comunista Thanom Kittikachorn, un alleato degli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam. Il suo ritorno nel paese nel 1976 ha visto il rinnovarsi delle proteste studentesche, che si conclusero col massacro alla Thamassat University, un attacco ai manifestanti pacifici da parte dei militari che ha visto decine, forse più di 100, morti. Gli esperti ora ritengono che i militari intendono rimanere al potere per gestire la successione reale – una situazione potenzialmente esplosiva perché la maggior parte dei thailandesi non ha mai vissuto con un altro capo di stato [Re].

La politica thailandese contemporanea è divisa tra i fratelli Shinawatra, che sono stati eletti per due volte ed entrambi spodestati – prima il miliardario magnate delle telecomunicazioni Thaksin (2001-2006), poi sua sorella Yingluck (2011-2014) – e frequenti ritorni a governi militari.

Thaksin è ora latitante a Dubai e con molti punti interrogativi circa il suo ruolo nelle uccisioni extragiudiziali di circa 2.000 presunti spacciatori di droga avvenute durante il suo governo. 

I sostenitori dei Shinawatra, in gran parte contadini e classi lavoratrici del nord, indossano camicie rosse, in opposizione alle camicie gialle [dei movimenti anti-Shinawatra e del partito Phak Prachatipat], che sostengono l’esercito e la monarchia.

(Libera traduzione, immagine e video da: Euractiv)

Questo articolo è parte di Unione Europea – Thailandia, le relazioni dopo il colpo di stato, un report speciale di Eur Activ.com

Tiziano Matteucci
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"Siede la terra dove nata fui / su la marina dove ’l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui." (Dante Alighieri - Inferno, V). Per il resto non c'e' molto da dire. Pensionato italiano che ora risiede in una cittadina del nord ovest della Thailandia per un assieme di causalità e convenienze ... c'è solo una cosa certa: "faccio cerchi sull'acqua ... per far divertire i sassi" (Premdas)
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