Stuti, Sri Lanka: viaggio nel Paese della serendipità

tempio Veragalla Samudragiri Viharaya a Mirissa Sri Lanka

Particolare del tempio Veragalla Samudragiri Viharaya a Mirissa, Sri Lanka. Foto Roberta Benini

Michael Ondaatje è uno scrittore nato in Sri Lanka, paese che prima dello scorso gennaio collegavo vagamente alle Tigri Tamil, alle spezie e a qualche pagina di “Il sapore del curry” di Mohanraj Mary.

Così quando ho deciso di andare a visitare quella goccia nell’Oceano Indiano, invece di una guida ho iniziato a leggere un suo libro, “Lo spettro di Anil“, dal quale fra le altre cose ho imparato che nei giardini di una casa Tamil dovrebbero esserci sempre tre piante (mango, melograno e moringa). Ma quando sono arrivata in Sri Lanka ho capito che tutta l’isola è un giardino pieno di piante di un verde commovente circondato dal mare azzurro e attraversato da strade e ferrovie intrepide.

Ondaatje ha scritto anche un libro, “Running in the family“, nel quale racconta della sua famiglia tra ironia e affetto. L’ho comperato a Negombo l’ultimo giorno del viaggio:

“One morning I would wake and just smell things for the whole day, it was so rich I had to select senses.”

Queste righe riassumono molte delle sensazioni del viaggio in un’isola che ha avuto tanti nomi — Taprobane, Serendib, Ceilão, Ceylon, Sri Lanka. Dall’antico nome persiano Serendip lo scrittore inglese Horace Walpole ha creato addirittura un neologismo, serendipità, che indica la capacità o fortuna di fare per caso inattese e felici scoperte mentre si sta cercando altro.  

E a distanza di mesi davvero quella parola descrive bene le mie quattro settimane di viaggio in Sri Lanka: tante volte abbiamo, il mio compagno di viaggio ed io, trovato cose belle e inaspettate mentre forse cercavamo altro.

Come il delizioso albergo sulle colline di Kandy, nel quale siamo arrivati solo per un overbooking, dove un cuoco eccezionale ha cucinato piatti incantevoli e dove il manager ci ha procurato due posti sul treno apparentemente “imprendibile per tre settimane” che ci avrebbe portato alla deliziosa Ella.

Se penso allo Sri Lanka sorrido e immediatamente ricordo i sorrisi e quel modo di scuotere la testa per dire “sì” che le prime volte lascia perplessi.

Avevo letto che in Sri Lanka chiedono sempre, come saluto, “da dove vieni, dove vai, ti piace lo Sri Lanka?”

È vero. Abbiamo ripetuto infinite volte le stesse risposte e sì, ci piace tanto questo paese dove alle fermate si trova sempre qualcuno che si offre di fermare per noi uno gli innumerevoli bus che abbiamo preso e che sfrecciano come se fossero inseguiti.

Dove c’è sempre qualche modo, qualche zia, qualche cugino che risolve i piccoli o solo apparentemente grandi imprevisti dei viaggi.

Dove le mie amate spezie crescono ovunque, raccolte dalle mani amorevoli delle donne che me le consegnavano sorridenti dicendomi che erano “per casa”, avvolte strettamente negli stessi fogli di plastica sottile che ricoprono i piatti nei localini dove eravamo (quasi) sempre gli unici stranieri. 

Dove ci è spesso capitato di essere educatamente fermati da qualcuno che, sentendoci parlare in italiano, con l’immancabile sorriso iniziava a raccontare dei suoi ricordi dell’Italia.

Forse le conversazioni con chi abbiamo incontrato sono il ricordo migliore che ho. Insieme alle infinite tazze di tè con lo zenzero e agli hopper a colazione. 

Se non fosse che ho nostalgie di altri luoghi, ovviamente indotte da libri, tornerei subito in Sri Lanka.

Stuti, Sri Lanka. Grazie.

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4 Responses to Stuti, Sri Lanka: viaggio nel Paese della serendipità

  1. questo post va letto sorseggiando un tè allo zenzero :)

  2. vikibaum says:

    il tè allo zenzero mi piace molto… e sono ghiotta di zenzero caramellato…bel post…mi sei piaciuto sì, ciauuu

  3. Brava Roberta. Un post molto ben curato. Ora ci vuole una galleria fotografica

  4. kutukamus says:

    May your serendipitous journey serve you well :)