Come sono andate le elezioni europee 2019

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Manfred Weber, candidato del PPE alla Presidenza della Commissione Europea, saluta i sostenitori a Berlino. Foto Gregor Fischer

Dopo 40 anni Popolari e Socialisti hanno perso la maggioranza assoluta nell’Europarlamento, ma Bruxelles ha resistito all’assalto delle forze euroscettiche, anche grazie alla crescita di Liberali e Verdi, che diventano un importante ago della bilancia

(Asiablog.it) — Il Partito popolare europeo (European People’s Party, PPE), vincitore delle elezioni, e i Socialdemocratici (Progressive Alliance of Socialists and Democrats, S&D), la seconda forza, hanno perso la maggioranza assoluta dei voti e dei seggi nell’Europarlamento, che controllavano da 40 anni. Avranno bisogno di allargare la loro storica coalizione al gruppo dei Liberali o a quello dei Verdi, che hanno aumentato considerevolmente il numero dei seggi. Festeggiano anche gli euroscettici, che hanno ottenuto successi importanti in diversi Paesi, ma che rimangono ai margini.

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Il nuovo Europarlamento (combinazione di risultati provvisori e definitivi). Fonte: BBC

PPE – Partito Popolare Europeo

I Popolari hanno eletto 179 eurodeputati, 46 in meno rispetto ai 225 del 2014, ma hanno dichiarato di avere il diritto di mantenere il controllo della Commissione europea, in quanto maggior gruppo parlamentare. “Gli europei hanno deciso e inviato un messaggio chiaro”, ha detto il tedesco Manfred Weber, candidato del PPE presidenza della Commissione europea. “Smettiamo di parlare di crisi e iniziamo una nuova fase con ottimismo”, ha aggiunto lo spitzenkandidat, precisando che “non ci sarà nessuna collaborazione con gli estremisti di sinistra o destra” e che il suo gruppo si impegnerà invece per difendere l’Unione Europea “contro i nazionalismi”. Il gruppo del PPE, il cui baricentro è tra Germania (29 seggi) e Polonia (17 seggi), non è solamente il più numeroso ma anche quello più internazionale, in quanto formato da parlamentari eletti in 26 dei 28 Paesi della UE.

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Un manifesto elettorale con Manfred Weber, candidato del PPE presidenza della Commissione europea, a Berlino, Germania, 21 maggio 2019. Foto Sean Gallup

S&D – Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici

Anche i Socialisti escono dal voto ridimensionati, passando dai 185 a 152 seggi, ma rimangono la seconda forza più votata. La flessione del gruppo S&D, che ha l’olandese Frans Timmermans come candidato a presiedere la Commissione, è dovuto soprattutto ai risultati negativi, rispetto alle elezioni precedenti, del PD in Italia (da 31 a 19 seggi), dei Laburisti in Gran Bretagna (da 20 a 10), del PS in Francia (da 13 a 5) e dell’SPD in Germania (da 23 a 16). I Socialisti mantengono la Spagna come principale roccaforte, dove il PSOE ha ottenuto quasi un terzo dei voti (32,84%) e 20 seggi.

Nonostante il ridimensionamento dei Socialisti, Timmermans non ha gettato la spugna e domenica sera ha ribadito che “cercheremo di creare un’alleanza progressista” per ridurre per la prima volta la forza del PPE nelle istituzioni europee. L’idea dell’olandese era di formare una coalizione che vada “da Macron a Tsipras“, in allusione ai Liberali francesi e alla Sinistra radicale greca, ovvero una coalizione tra quattro eurogruppi — Socialisti, Liberali, Verdi e Sinistra — per lasciare i Popolari all’opposizione. I risultati però indicano che questa ipotetica coalizione di centro-sinitra non raggiungerebbe, seppur per poco, i 376 seggi necessari per nominare il presidente della Commissione. Per cui il progetto di Timmermans sarà irrealizzabile, se non inglobando ulteriori eurodeputati tra gli indipendenti, i non iscritti o gli appartenenti ad altri gruppi.

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Frans Timmermans con una birra in un bar a Heerlen, nei Paesi Bassi, durante la campagna elettorale europea ad aprile. Foto Marcel Van Hoorn / EPA

ALDE – Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa

Il gruppo Liberale sarà il terzo gruppo parlamentare con 108 eurodeputati, 49 in più rispetto ai 59 nel 2014: un risultato che potrebbe fare dei centristi dell’ALDE un cardine essenziale per la formazione di qualunque maggioranza. Nella serata di domenica il leader dell’ALDE, il belga Guy Verhofstadt, ha sottolineato che il gruppo Liberale “sarà fondamentale” in quanto “per la prima volta da 40 anni i due partiti classici PPE e S&D non avranno la maggioranza, e ciò significa che una maggioranza solida sarà possibile solo con l’ALDE”.

I Liberali hanno aperto a una coalizione con Socialisti e Verdi: “Io ho lavorato per cinque anni contro i monopoli e oggi questo monopolio del potere si è spezzato”, ha detto la liberale danese Margrethe Vestager, Commissario europeo per la concorrenza. “Solo così possiamo avere qualcosa di diverso: è possibile costruire nuove coalizioni con coloro che vogliono il cambiamento. Frans Timmermans ha detto che bisogna lavorare con chi vuole agire e cambiare le cose, anche i Verdi lo dicono. C’è spazio per discutere per arrivare nuove soluzioni e nuove composizioni di leadership”.

Il baricentro dell’ALDE è tra Francia (21 seggi) e Gran Bretagna (17), ma i Liberali vantano eurodeputati provenienti da 21 dei 28 Paesi membri e sono maggioranza relativa in sette nazioni: Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Danimarca, Belgio, Finlandia, Estonia e Lussemburgo.

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Guy Verhofstadt a Londra insieme ai candidati Liberal Democratici. Foto STEFAN ROUSSEAU

Euroscettici

Le formazioni generalmente definite come “euroscettiche” al momento sono divise tra il Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), Europa delle Nazioni e della Libertà (ENF) e Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (EFDD), rispettivamente il quinto, sesto e settimo gruppo parlamentare.

In totale i tre gruppi aumentano la loro consistenza numerica, passando da 151 a 174 seggi, pari al il 23% dell’emiciclo composto da 751 seggi. È un risultato considerevole, ma si tratta di una cifra lontana dal temuto 33%, con cui avrebbero potuto ambire ad ostacolare il macchinario legislativo, e lontanissima dal risultato fantasticato dall’italiano Matteo Salvini, che voleva fare del suo ENF il primo gruppo nel Parlamento europeo. Gli euroscettici rimarranno dunque ai margini, senza possibilità di esprimere loro uomini nei luoghi chiave.

Nel dettaglio, la destra dell’ECR esce ridimensionata, passando da 75 a 63 seggi, a causa soprattutto della debacle dei Conservatori britannici, i cui seggi si sono ridotti da 19 a 4. Il baricentro dell’ECR, storicamente dominato dai Tory di Londra, è ora la Polonia, che vanta 27 eurodeputati di Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość, PiS).

Avanza l’estrema destra dell’ENF, che passa da 37 a 58 membri, grazie soprattutto al successo della Lega italiana, che ha quasi quintuplicato i suoi seggi, passati da 6 a 29, mentre il Raggruppamento Nazionale francese diventa il secondo partito nazionale del gruppo, passando da 24 a 23 seggi. Gli altri eurodeputati arrivano da Belgio (3), Austria (3), Repubblica Ceca (2) e Estonia (1). Nel complesso, al momento l’ENF rappresenta solo sei dei 28 Paesi membri, ma a breve potrebbe inglobare gli spagnoli di Vox (3 seggi).

Avanza anche il gruppo EFDD, che passa da 42 a 55 seggi, grazie soprattutto all’exploit del Brexit Party britannico, che elegge 29 deputati. Altri 14 seggi arrivano dagli italiani del Movimento 5 Stelle, 11 dai tedeschi di Alternativa per la Germania e 1 dai croati della Barriera Umana (Živi zid). Tutti gli altri alleati—Akkel (Grecia), Elurikkuse Erakond (Estonia), Liike Nyt (Finlandia) e Kukiz (Polonia)—hanno ottenuto zero seggi. Circostanza, quest’ultima, non da poco conto, e che anzi mette a serio rischio l’esistenza stessa del”EFDD. Difatti per formare un gruppo a Strasburgo servono 25 europarlamentari, ma che siano in rappresentanza di almeno sette Paesi. Questo significa che l’EFDD dovrebbe pescare tra gli indipendenti e i non iscritti eletti in almeno altri tre Paesi. Oppure, cosa forse più  probabile, i britannici e i tedeschi finiranno per cedere alle lusinghe dell’ENF, che in quel caso diventerebbe il quarto gruppo parlamentare con un centinaio di seggi. O ancora, ECR, ENF e EFDD potrebbero decidere di fondersi in un solo eurogruppo di destra, che a quel punto supererebbe l’ALDE diventando la terza forza all’interno del Parlamento europeo. Salvini e Le Pen stanno anche cercando di convincere i 13 eletti ungheresi di Fidesz ad abbandonare l’eurogruppo dei Popolari, dove sono stati sospesi, il che rafforzerebbe ulteriormente il fronte “euroscettico” o “sovranista”.

Indipendentemente dalle sorti di Fidesz e dell’ENF, l’eventuale scioglimento dell’EFDD lascerebbe gli italiani del Movimento 5 Stelle senza un gruppo parlamentare, il che significa che finirebbero tra i non iscritti oppure dovranno tornare a bussare alle porte di un altro eurogruppo, come già fatto, con scarso successo, nella scorsa legislatura. (Nel frattempo i Verdi hanno già ribadito di non essere molto interessati ad accoglierli).

Nel complesso, l’avanzata dei gruppi “euroscettici”, seppur contenuta, mette in evidenza l’evidente malcontento di ampie fasce della popolazione nei confronti di Bruxelles, un’insofferenza canalizzata in molti Paesi attraverso formazioni che sostengono l’immediata rottura con l’Unione Europea, come il Brexit Party nel Regno Unito, o il drastico taglio dei poteri delle istituzioni comunitarie, come la Lega di Matteo Salvini in Italia, il Raggruppamento nazionale di Marine Le Pen in Francia e il PiS di Jaroslaw Kaczynski in Polonia.

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Nigel Farage, leader del Brexit Party, durante un comizio a Durham, Inghilterra, Regno Unito.

Verdi Europei – Alleanza Libera Europea

L’aumento dell’affluenza, che raggiunge il massimo livello da 20 anni a questa parte, ha premiato soprattutto i Verdi, guidati dalla tedesca Ska Keller, che sono riusciti a coagulare intorno alla proposta ambientalista una parte del dissenso giovanile e progressista.

Con 69 seggi, 20 più del 2014 e miglior risultato di sempre, i Verdi si confermano quarto gruppo dell’Europarlamento. Questo anche grazie all’alleanza con i partiti regionalisti, autonomisti, federalisti e indipendentisti—tra cui lo Scottish National Party, la Sinistra Repubblicana catalana, i fiamminghi e i gallesi—che ha portato in dote una decina di seggi.

Forti del successo, i Verdi aspirano ad un ruolo da protagonista e potrebbero entrare nella coalizione di maggioranza, nella quale porterebbero il loro programma centrato su un Green New Deal continentale.

Va sottolineato che i Verdi rimangono una forza concentrata in mezza Europa — Germania (26 seggi), Francia (12), Regno Unito (11), Austria, i Paesi Scandinavi (6) e i tre Benelux (7) — mentre ottengono zero seggi nella popolosa Italia e nella maggioranza dei Paesi dell’Europa Centro-Orientale.

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Ska Keller, candidata dei Verdi alla presidenza della Commissione europea. Foto Gregor Fischer

GUE/NGL – Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica

Il gruppo dei partiti di estrema sinistra, Gue/Ngl, ha registrato un calo, conquistando solo 39 seggi, sei in meno rispetto al 2014, il che rende questo gruppo ulteriormente marginale. La metà dei suoi eurodeputati arrivano da tre Paesi: Grecia (7), Germania (7) e Francia (6).

Quale Europa?

Le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo sono le più grandi elezioni transnazionali del pianeta, con oltre 425 milioni di potenziali elettori in 28 Paesi. Si tratta di un esperimento democratico senza precedenti nella storia umana. Il risultato rivela l’erosione delle due grandi famiglie politiche, Popolari e Socialisti, che sono state le colonne portanti del progetto europeo per sei decenni, e dunque le principali responsabili dei suoi successi e dei suoi fallimenti. Al contempo si rafforzano sia i gruppi Liberali e Verdi, fortemente europeisti, sia i gruppi euroscettici, che propongono “meno Europa” e avanzano sulla scia di crescenti timori legati a identità, cultura, confini, immigrazione e terrorismo.

Resta da vedere quale tra le due posizioni, apparentemente inconciliabili, finirà per prevalere. Ovvero se il mutamento dei rapporti di forza tra gli eurogruppi porterà ad una accelerazione nel processo di costruzione di un’Unione più forte, dotata di una politica di sicurezza comune e capace di parlare con una voce sola sui temi di politica estera, o se invece l’ascesa dei sentimenti euroscettici riuscirà a bloccare ed invertire il processo di integrazione europea. Il risultato sarebbe una comunità europea minima, che “fa poche cose ma le fa bene”, come ipotizzato dallo spitzenkandidat dell’ECR Jan Zahradil, oppure una sua totale disgregazione, sulla scia della Brexit, che riporterebbe l’Europa al punto di partenza.

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Alessio Fratticcioli

About Alessio Fratticcioli

Alessio è il fondatore e amministratore di Asiablog.it (anche su Facebook e Twitter). Per saperne di più su questo buffo personaggio, la sua lunga e noiosa biografia si trova qui.
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10 Responses to Come sono andate le elezioni europee 2019

  1. antonio latini says:

    Intanto Grillo ha ribadito che VINCEREMO POI.

  2. Stoccolma says:

    La DC continentale inizia a perdere pezzi. Ci vuole pazienza.

  3. Oiza Queen says:

    Piu’ che altro sottolineamo che Ciriaco De Mita e’ stato rieletto sindaco di Nusco a 91 anni. Piccole cose che ci consigliano di espatriare.

  4. Pensieri Nuvolosi says:

    gli italiani non sono europei, sempre piu’ convinta.

  5. gio says:

    Analisi brillante e largamente condivisibile, al netto degli aspetti elegiaci.

  6. Luka says:

    Insomma non sappiamo se moriremo ambientalisti europei o leghisti africani.

  7. Danilo says:

    Finalmente un’analisi delle europee che parla delle europee e non del voto italiano per le europee. Grazie.

  8. Mario Santander says:

    Con la vittoria di Salvini l’Italia inizierà a farsi sentire. Col Pd non ci si cagava nessuno.

    • FF says:

      Col PD e Forza Italia l’Italia era talmente isolata che ultimi 5 anni ha avuto:

      1) Presidente Bce
      2) Alto rappresentante
      3) Presidente Europarlamento
      4) Presidente gruppo socialista
      5) Presidenti commissioni Economica, Cultura, Agricoltura, Ambiente
      6) Presidente CES

      Ma adesso che Salv1n1 ha vinto 29 seggi su 750 vedrai che battera’ i pugnetti sul tavolo e cambiera’ tutto. Vedrai quanti bei selfie da Bruxelles che ci manda.

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