Arroganza e conflitto di interessi: nella polvere un altro falco di Bush

La carriera di Wolfowitz, dal pensatoio di Rumsfeld
alla teoria delle armi di distruzione di massa

di FEDERICO RAMPINI

PECHINO – In tempi record Paul Wolfowitz, il falco della destra americana messo da George Bush al vertice della Banca mondiale, è riuscito a fare a pezzi un’istituzione che dirigeva e disprezzava al tempo stesso. Forse neanche lui pensava che avrebbe raggiunto l’obiettivo così in fretta, dopo soli 21 mesi alla guida della banca dedicata agli aiuti allo sviluppo. Di certo non era nei suoi piani farlo in questo modo, usando il metodo “muoia Sansone con tutti i filistei”, e affondando se stesso al timone della nave. Lo hanno tradito la forza dell’abitudine, i riflessi automatici acquisiti nella lunga carriera a fianco di Dick Cheney, l’impunito campione americano del conflitto d’interessi.

L’epilogo da basso impero della presidenza Bush in un susseguirsi penoso di scandali politici e morali sta travolgendo uno dopo l’altro molti protagonisti della stagione “neocon”: ma i danni della caduta di Wolfowitz si allargano ben oltre l’America, colpiscono uno strumento chiave per aiutare i paesi più poveri. Un’istituzione contestata da molte parti, che negli ultimi anni però era stata capace di autoriformarsi.

Invisa ai no-global che l’hanno accusata di promuovere uno sviluppo distruttivo; scomoda anche per tanti regimi autoritari del Terzo mondo, vedi Sudan, che ora preferiscono agganciarsi all’orbita cinese piuttosto che accettare controlli sulla loro governance e sul modo in cui usano gli aiuti.

“Un po’ di comprensione” ha chiesto Wolfowitz, per il peccatuccio veniale di aver concesso alla propria amante un aumento di stipendio di soli 60.000 dollari, portando il trattamento della signora a un livello più elevato del segretario di Stato Condoleeza Rice (200.000 dollari). Una gratifica due volte superiore al massimo consentito dalle regole interne della Banca mondiale. “Non fatemi il processo per le mie responsabilità precedenti” ha aggiunto, mettendosi già nella posizione del martire sacrificato dai seguaci di Michael Moore (che lo prendeva di mira in Fahrenheit 911), cioè dalla coalizione di tutti gli antiamericanismi mondiali. Certo nessuno ha dimenticato chi fu Wolfowitz nella sua vita precedente, fino al giugno 2005. Fu uno dei Vulcani, il club di strateghi che progettarono di usare l’11 settembre per regolare i conti con Saddam, conquistare Bagdad in attesa di puntare su Damasco e Teheran.

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Fu l’uomo del Project for the New American Century, il pensatoio favorito di Donald Rumsfeld. Fu il cervello dell’Office of Special Plans, la rete di intelligence parallela al servizio personale di Cheney che elaborò il teorema delle armi di distruzione di massa. Che abbia accumulato un po’ di nemici in giro per il mondo, felici di vederlo nella polvere, è fuori di dubbio. Ma oggi il disastro nella gestione della Banca mondiale è più che sufficiente a inchiodarlo, senza aggiungere processi postumi sul suo ruolo nella guerra in Iraq.

La World Bank è la sorella gemella del Fondo monetario internazionale, creata dallo stesso Trattato di Bretton Woods nel 1944, ma “con un’anima”. E’ un’istituzione spesso considerata più “a sinistra” del Fondo, i cui freddi tecnocrati per decenni sono stati sinonimo di rigore, riduzione dei deficit pubblici, svalutazioni e dolorosi aggiustamenti delle bilance dei pagamenti. La Banca invece ha per vocazione istituzionale la lotta alla povertà. Ha commesso errori, in passato ha finanziato progetti faraonici e inutili, ma negli ultimi anni ha fatto progressi nel misurare l’efficacia dei propri interventi. Lotta alle malattie, campagne per l’alfabetizzazione, progetti per l’irrigazione: la World Bank non si lascia catalogare nel ruolo di guardiano degli interessi dei paesi ricchi.

Negli ultimi anni ha migliorato la sua attenzione ai problemi dell’ambiente, cercando di accompagnare i suoi investimenti con valutazioni accurate dell’impatto sugli ecosistemi. E’ per questo che agli occhi della destra repubblicana degli Stati Uniti era diventata un simbolo del “multilateralismo” da attaccare, quasi un covo di nostalgici del socialismo e della pianificazione. Così Wolfowitz era partito lancia in resta nella sua crociata: per il liberismo e contro la corruzione.

In pratica la sua battaglia ai vertici della World Bank ha dato solo due risultati, l’infiltrazione di fedelissimi dell’Amministrazione Bush e una fuga di talenti. “E’ qui da quasi due anni e ancora non si è capito che cosa voglia fare della Banca mondiale” ha detto di lui un esperto di economia dello sviluppo. Lo scandalo dell’amante promossa e premiata ha spinto il dirigente del sindacato interno Alison Cave a chiedersi “con che faccia predichiamo ai paesi poveri che migliorino la loro governance?” E’ una crisi preoccupante, che indebolisce un istituzione capace di mobilitare risorse finanziarie importanti a sostegno di uno sviluppo sostenibile.

La lotta alla corruzione invocata da Wolfowitz è una priorità vera. La vicenda del Darfur dimostra qual è l’alternativa concreta ai crediti multilaterali gestiti dalla World Bank con criteri di rigore: il modello cinese in Sudan è una politica che non “interferisce”, non chiede conti sui diritti umani, tantomeno sulla trasparenza nei governi locali. Purtroppo la credibilità del banchiere dei poveri era stata già intaccata da Wolfowitz per dei regolamenti di conti politici. Lo scivolone etico a braccetto dell’amante è stato solo un tocco di squallore finale.


Da www.repubblica.it (13 aprile 2007)

Alessio Fratticcioli

About Alessio Fratticcioli

Alessio è il fondatore e amministratore di Asiablog.it (anche su Facebook e Twitter). Per saperne di più su questo buffo personaggio, la sua lunga e noiosa biografia si trova qui.
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