Nucleare Addio, in Giappone cresce la Protesta

Sabato scorso, tre mesi esatti dopo il terremoto che ha scosso la costa orientale del Giappone alle 14:46 dell’11 marzo, migliaia di persone sono scese in piazza a Tokyo e in altri luoghi per pregare per le vittime (foto sopra) e per chiedere di “fermare immediatamente il nucleare e chiudere tutte le centrali”.

Tra slogan anti-atomo e tanti striscioni di protesta, la folla ha attraversato la capitale in file ordinate di uomini, donne, bambini e anche qualche animale domestico. Ben 150 manifestazioni si sono svolte in tutto il Paese. Nella sola capitale nipponica circa 50.000 persone sono scese in piazza per dire “basta col nucleare” e “sì all’energia pulita“.

Considerando la cultura giapponese — comunitaria, conformista, estremamente rispettosa delle autorità e dunque assai poco contestataria — si tratta decisamente di un evento indicativo di una nuova sensibilità che si è sviluppata dopo il tragico disastro di Fukushima.

“Sono preoccupata per i miei figli”, ha detto Mika Obuchi, 45 anni, accompagnata alla manifestazione da marito e figlia di nove anni, “il problema non e’ solo a Fukushima, ci sono problemi di radiazioni anche a Tokyo”, dove vivono tredici milioni di cittadini giapponesi. Tanti giapponesi condividono le paure di Mika, come ad esempio Takeshi Terada, trentadue anni, operaio: “Dal terremoto di marzo ho capito che l’energia nucleare è troppo pericolosa”.

Tre mesi dopo il disastro, non solo la situazione alla centrale nucleare di Fukushima non è chiara e la portata del disastro non è stata accertata con sicurezza, ma 90.000 persone vivono ancora in sistemazioni temporanee come scuole e centri di accoglienza. Un esercito di senza tetto, terremotati e profughi delle radiazioni nucleari.

Alessio Fratticcioli

About Alessio Fratticcioli

Alessio è il fondatore e amministratore di Asiablog.it (anche su Facebook e Twitter). Per saperne di più su questo buffo personaggio, la sua lunga e noiosa biografia si trova qui.
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