Libri Sacri

Sutra del Diamante

Sutra del Diamante

I libri sacri sono tra i libri più riusciti da che esiste l’umanità. E sono libri di religione quelli che per primi han trovato la stampa e con essa un valido metodo di diffusione.

Il primo libro stampato vero e proprio di cui rimane testimonianza è una copia di un testo buddhista, la Sutra del Diamante, datata 848 d.C.. Ma una recente scoperta in una pagoda coreana potrebbe aver portato alla luce un testo buddhista ancora più antico, datato 750-751 d.C.

La Bibbia di Gutemberg

Anche il primo libro stampato in Europa fu un libro sacro, La Bibbia di Gutenberg, realizzata tra il 1452 e il 1455 d.C..

Quasi la metà degli scritti della Bibbia risalgono a prima della nascita di Confucio e di Siddhartha Gautama (vissuti a cavallo tra la seconda metà del 500 e la prima metà del 400 a.C.), un’origine assimilabile al complesso assieme dei libri sacri indù, i cui primi testi (Veda, Brāhmaṇa, Āraṇyaka) risalgono al 1.000 a.C.. Il Corano, che risale a 14 secoli fa, è di molto successivo.

La Bibbia e l’arcipelago dei libri sacri induisti raccolgono un assieme multietnico di racconti e leggende orali. Dentro c’è tutto quel che c’è da leggere sul romanzo dell’uomo: vita, amore, morte. Libri traboccanti avventure, intrighi, catastrofi, migrazioni, guerra e pace e, come per ogni narrazione, inutile chiedersi dove stia la realtà o la finzione.  Inutile chiedersi se sia vero che il serpente o l’Arcangelo Gabriele parlano all’uomo. Se togliamo la metafora, il fantastico, perdiamo il senso della narrazione ed allora qualsiasi racconto perde qualcosa. E poi c’è poesia.

Il Libro di Giobbe – a cura di Guido Ceronetti (Ed.Adelphi)

«Iob dice che i buoni non vivono e che Dio li fa ingiustamente morire. Gli amici di Iob dicono che i cattivi non vivono e che Dio li fa giustamente morire. La verità è  che tutti muoiono.» Il Libro di Giobbe – a cura di Guido Ceronetti (Ed.Adelphi)

«Arjuna disse: “Le mie membra ricadono e la mia bocca si inaridisce, il mio corpo trema e i miei capelli si drizzano. A che ci serve il dominio, a che ci serve la felicità o perfino continuare a vivere? Quelli per il cui amore desideriamo regni,  gioie e piaceri, sono qui schierati in battaglia, pronti a rinunciare a vita e ricchezze. Questi io non voglio uccidere, sebbene possano uccidere me, Oh Krishna.”» La Bhagavad Gita – a cura di Swami Sivananda (Ed.Mediterranee)

La Bhagavad Gita. Traduzione integrale dal sanscrito e commento. Swami Sivananda

La Bhagavad Gita. Traduzione integrale dal sanscrito e commento. Swami Sivananda

L’angosciosa rivolta di Iob e l’angosciante tristezza di Arjuna. La poesia è nota comune, se non a tutti i libri sacri, sicuramente alla sua parte maggiore e non solo a quei testi formalmente poetici ma anche ai testi scritti in prosa.

Ma non bisogna dimenticare che molti di  questi  testi, in origine, erano saghe orali, narrazioni di eventi e di sogni, allucinazioni e realtà, incubi, vere paure ed anche compendi normativi di uomini vissuti migliaia di anni fa. Testi che inizialmente raccoglievano consigli di vita, la vita di allora, ben diversa da quella di oggi. Un’esistenza sempre precaria, così precaria che la natura circostante doveva essere salvaguardata con proibizioni che oggi possono apparire incomprensibili se non un veri e propri manuali di guerra.

«Quando cingerai d’assedio una città per lungo tempo, attaccandola per prenderla, non ne distruggerai gli alberi a colpi di scure; mangerai il frutto, ma non li abbatterai; poiché l’albero della campagna è forse un uomo che tu l’abbia ad includere nell’assedio?» (Deuteronomio, 20:19)

Jātaka, vite anteriori del Buddha a cura di Mariangela D’Onza Chiodo – Ed. UTET

Opere complesse, attraversate da visioni del mondo che oggi possono apparire violente, razziste, misogine, ripetitive ed anche banali.

Sakunagghi- Jātaka (Il falco)
Un tempo, quando a Benares regnava Brahmadatta, il futuro Buddha era rinato come quaglia e viveva fra le zolle di un campo arato. Ma un giorno pensò fra sé e sé: «Perché non cercare il cibo in un territorio straniero?» e smesso di cercare nutrimento nel suo proprio terreno, sì recò al limitare di un bosco. Ma, mentre cercava cibo, fu avvistata da un falco che, piombatole violentemente addosso, la ghermì. La quaglia, mentre il falco la portava via, uscì in questi gemiti: «Come sono sfortunata, come sono insensata! Mi sono avventurata in una regione straniera, in territorio proibito: se invece fossi rimasta nella regione dei miei padri, nel pascolo che è mio, questo falco se anche fosse venuto, non avrebbe avuto l’ardire di combattere con me». Allora il falco domandò: «Qual è dunque, o quaglia, il territorio paterno dove tu cerchi cibo?». «Un campo arato coperto di zolle!», rispose la quaglia. A queste parole il falco allentò la presa e lasciò libera la quaglia dicendo: «Va pure, o quaglia, tu non mi sfuggirai nemmeno là». Quella volò al suo terreno e, posatasi su di una grossa zolla di terra, si mise a gridare: «Vieni ora, o falco!». Il falco, rinvigorita la sua forza, raccolse la ali e piombò in picchiata su di lei. Ma la quaglia, prevedendo quell’attacco, si spostò subito e si acquattò sul solco a fianco della zolla. Il falco, non riuscendo a frenare la sua velocità, andò  a sbattere violentemente col petto sulla zolla, il suo cuore si spaccò, gli occhi uscirono dalle orbite e morì. Allora la quaglia, uscita dal solco, esclamò: «Posso dire  d’aver visto la schiena del mio nemico!» e, stando sopra di lui, diede voce alla sua esultanza pronunciando questi versi: «Ho trovato il sistema, felice nel terreno paterno, senza nemici, al mio vantaggio provvedo». (Jātaka – Vite anteriori del Buddha, a cura di Mariangela D’Onzo ChiodoEd. UTET)

Solo nel tempo i racconti e le norme vengono selezionati (nascono i testi apocrifi), mal tradotti (diatriba infinita), mal riscritti (con l’invenzione della stampa spariscono gli amanuensi), interpretati capoverso per capoverso, riga per riga, parola per parola da uomini con scopi diversi ed a volte opposti agli scopi originari.

Sino ad ora ho sempre scritto “libri sacri”, definizione usata comunemente anche per indicare i testi canonici delle diverse religioni e questo non solo dai credenti ma anche da coloro che non credono. Quindi, a mio modo di vedere, stabilito che i libri sacri sono, per l’appunto, “sacri” per i credenti in una religione ma anche “blasfemi” per tanti credenti in un’altra fede, e comunque magnifici libri o libri banali per tutti gli altri, per leggere e parlare di religione non resta che concentrare sempre l’attenzione sull’uomo.

L’essere umano, gran narratore, esploratore del cosmo e dell’anima, l’essere umano creatore delle religioni… qui qualcuno potrebbe non essere d’accordo ma vorrei far notare che non tutti i libri sacri sono considerati “parola” di un dio che, come dice la dottrina cattolica: è in cielo, in terra e in ogni luogo. I testi canonici buddhisti, ad esempio, riportano parole e gesta di un uomo, non di un dio.

بِسْمِ اللَّهِ الرَّحْمَٰنِ الرَّحِيمِ هَلْ أَتَىٰ عَلَى

الْإِنسَانِ حِينٌ مِّنَ الدَّهْرِ لَمْ يَكُن شَيْئًا مَّذْكُورًا

È forse trascorso un lasso di tempo in cui l’uomo non sia stato una creatura degna di menzione? (Corano, Sura LXXVI, Al-Insân: 1)

 

Tiziano Matteucci
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"Siede la terra dove nata fui / su la marina dove ’l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui." (Dante Alighieri - Inferno, V). Per il resto non c'e' molto da dire. Pensionato italiano che ora risiede in una cittadina del nord ovest della Thailandia per un assieme di causalità e convenienze ... c'è solo una cosa certa: "faccio cerchi sull'acqua ... per far divertire i sassi" (Premdas)
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