Se io governassi il mondo
di Karl Ove Knausgard
Se io governassi il mondo, per prima cosa mi occuperei dei problemi ambientali.
C’è grande interesse per le trivellazioni petrolifere che, per quello che posso capire, non sono affatto necessarie. Un incidente potrebbe deturpare una delle ultime regioni incontaminate del mondo. Sono norvegese ed è una questione che mi sta molto a cuore. Personalmente, fermerei completamente le trivellazioni.
L’idea di una società che va avanti con il petrolio mi sembra sbagliata in partenza.
Poi bandirei tutte le auto e gli aerei: ci sarebbero treni e biciclette, e basta. Forse qualcuno lo giudicherebbe un passo indietro, ma non è detto che avrebbe ragione: togliere le auto e gli aerei potrebbe contribuire a fermare il cambiamento climatico.
Quando ho detto cose del genere, in passato, mi hanno accusato di essere un reazionario e la mia risposta è stata: “Sì, sono un reazionario”. La mia nostalgia non si ferma al settecento e all’ottocento, va indietro di migliaia di anni.
Tante specie che scompaiono, la foresta pluviale che viene abbattuta: gli umani dominano sempre di più il mondo, e questo mi suscita una tristezza istintiva.
Se io governassi il mondo farei tutto questo, certo, ma oggi approfitto delle comodità che la modernità mi offre. Adoro guidare la mia auto. Bevo latte, compro carne economica, viaggio in tutto il mondo. Faccio tutte queste cose, anche se so che è un problema. Non facciamo altro che rendere le cose sempre più facili, sempre più indolori. Quando ero piccolo bisognava fare lo sforzo di leggere i libri. I miei figli usano gli schermi del computer per ottenere una gratificazione immediata.
Non so se potrei governare il mondo, visto che non sono neppure in grado di governare la mia famiglia!
Gli ambientalisti con cui parlo dicono che solo con una dittatura si potrebbe cambiare qualcosa, perché la gente non vuole rinunciare a quello che ha. Ma scegliere davvero di vivere sotto una dittatura sarebbe assurdo.
Un altro problema è che in questo momento gli arrivi di massa in Europa stanno cambiando tante cose.
Ecco una situazione che dobbiamo affrontare nel modo giusto, se vogliamo che funzioni. Io vivo in Svezia, in un villaggio di circa 350 abitanti, dove sono arrivati una trentina di rifugiati: giovani uomini provenienti dall’Afghanistan o da quelle parti. Succede in tutto il paese. Queste persone devono essere accolte, ma se vengono isolate dal resto della popolazione è un problema.
Ed è proprio quello che sta succedendo: le isoliamo. Questo alimenta rabbia, conflitti e divisioni. Se sei un politico o un capo di governo devi prevedere certe complicazioni ed evitarle. Il problema non è l’immigrazione, ma come la affrontiamo.
Se io governassi il mondo, riconoscerei che la soluzione del problema richiede enormi risorse. È un prezzo che dobbiamo essere disposti a pagare, perché è molto pericoloso vivere in una società in cui le persone non sono collegate tra loro, dove larghi gruppi di individui non si identificano in un progetto comune, in un “noi” condiviso.
Attualmente ci limitiamo a sperare che tutto vada per il meglio, mentre quello che dovremmo fare è affrontare ogni singolo aspetto del problema. E questo significa fare i conti con il pregiudizio, ma anche non nascondere le cose che vanno male, come le aggressioni sessuali da parte di immigrati avvenute in Svezia.
Di recente ho letto e scritto di Anders Behring Breivik, il cecchino di estrema destra che nel 2011 uccise 77 persone. Quel giorno sentii fortissimo il richiamo al “noi” collettivo: per la prima volta provavo un senso di appartenenza alla Norvegia. E quel sentimento mi aiutò ad affrontare un evento così terribile. Anche se era un terrorista, Breivik non mi era del tutto estraneo: potevo riconoscermi in ogni aspetto della sua vita, finché non ha fatto quello che ha fatto.
Ma i responsabili degli attacchi terroristici di Parigi? Non so niente di loro. Non so chi siano i loro genitori, non so chi siano i loro fratelli, dove sono andati a scuola.
Mi preoccupa l’aumento dei partiti di estrema destra.
Ma dobbiamo capire il loro punto di vista e non cercare di escluderlo. Riconosco che può sembrare idealistico, ma ci credo lo stesso.
(Karl Ove Knausgard è uno scrittore norvegese. Questo articolo è uscito su Prospect con il titolo If I ruled the world, traduzione da Internazionale n. 1157)
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