Rassegna settimanale di notizie asiatiche
17 maggio — Indonesia, 2 omosessuali condannati a 85 frustate
Due uomini sono stati condannati da una corte islamica a 85 frustate ciascuno per aver avuto un rapporto sessuale insieme. L’esecuzione della sentenza è stata fissata per il 25 maggio. Lo hanno reso noto i giudici della provincia conservatrice di Aceh, a nord dell’isola di Sumatra, in Indonesia, dove la fustigazione pubblica, da infliggere con una canna di bambù, viene inflitta per la prima volta dopo la reintroduzione della sharia, nel 2014, che criminalizza, tra le altre cose, anche l’omosessualità e il sesso fuori dal matrimonio.
I due giovani di 20 e 23 anni erano stati arrestati alla fine di marzo, dopo mesi di appostamenti e pedinamenti messi in atto dai vicini di casa di Rukoh, quartiere della capitale provinciale Banda Aceh, che alla fine sono riusciti a coglierli in flagrante e consegnarli alla polizia islamica locale. I premurosi vicini hanno pensato bene ance di pubblicare un video su YouTube nel quale si vede uno degli accusati nudo e disperato mentre telefona per cercare aiuto, mentre altre persone impediscono al compagno di lasciare la stanza dove sono stati sorpresi. La provincia di Aceh è l’unica provincia dell’Indonesia in cui si applica la sharia. Human Rights Watch in questa provincia del paese musulmano più popoloso del mondo nel 2016 sono state frustate 339 persone.
19 maggio — Elezioni in Iran, vince il riformista Rouhani: è presidente per la seconda volta
Hassan Rohani, leader moderato e riformista, è stato eletto per la seconda volta presidente dell’Iran con il 57% dei consensi. Il suo principale avversario, il conservatore Ebrahim Raisi, si è fermato al 38%. La vittoria del leader moderato giunge al termine di una tornata elettorale che ha registrato oltre il 70% di affluenza alle urne, facendo rinviare per due volte la chiusura dei seggi. Il risultato conferma, fra l’altro, il consenso popolare all’accordo sul nucleare firmato da Rohani, che ha portato alla fine delle sanzioni.
Scrive Vincenzo Nigro su La Repubblica:
«Da una parte con il presidente uscente si erano schierati i riformisti, i moderati, i liberali, i giovani e le donne delle città, i ricchi di Teheran Nord e i professionisti che vogliono che il paese continui ad aprirsi all’Europa e al mondo. Dall’altra c’era Raisi, un religioso come Rouhani, ma espressione della parte più conservatrice del paese e del clero. L’uomo era sostenuto dalla guida suprema ayatollah Alì Khamenei, dal clero conservatore, dagli apparati dello “Stato profondo” iraniano, le Guardie della rivoluzione, la milizia dei Basiji. Ma anche da milioni di cittadini, soprattutto poveri e diseredati che si sono lasciati convincere dai messaggi populisti, dalla campagna martellante sui temi dell’economia dell’ex vice-procuratore generale Raisi».
Alberto Negri, sul Sole 24 Ore, spiega così la sconfitta di Raisi:
«Su Raisi ha influito la durissima polemica della sulla sua partecipazione nell’88 al “comitato della morte”, il quartetto di giudici che diede il via a migliaia di esecuzioni di massa dei prigioni politici. Fu quello uno degli episodi più oscuri e terribili della repubblica islamica riportato in questi mesi alla luce dalla pubblicazione delle registrazioni in cui l’ayatollah Ali Montazeri, allora delfino di Khomeini, si opponeva alla decisione di far fuori gli oppositori. Ma di là delle questioni del passato, sempre brucianti, in gioco in queste elezioni c’era lo stesso controllo delle istituzioni dell’Iran. Una di queste è la successione alla Guida Suprema Alì Khamenei, 77 anni, che rappresenta la massima istanza della repubblica islamica nata dalla rivoluzione del 1979».
21 maggio — Bahrain, leader sciita condannato
Un tribunale del Bahrein, paese a guida sunnita, ha condannato il leader spirituale della maggioranza sciita, sceicco Isa Qassim, a un anno di reclusione con la condizionale con l’accusa di riciclaggio di denaro e aiuto al terrorismo.
21 maggio — Trump in Arabia Saudita vende armi e lancia appello contro il terrorismo
A Riad il presidente statunitense Donald Trump sposa l’Arabia Saudita e boccia l’Iran, che pure due giorni prima aveva confermato al potere il presidente Hassan Rohani, autore del disgelo con la comunità internazionale coronato con gli accordi nucleari. Trump, dopo aver firmato accordi commerciali per la fornitura di armi, equipaggiamenti e sistemi anti missili del valore di 110 miliardi di dollari, ha parlato davanti ai leader del Gulf Cooperation Council (Gcc), che riunisce gli Stati del Golfo Persico con l’ovvia eccezione del nemico Iran, lanciando un appello ai Paesi arabi perché fermino il terrorismo. Sul quotidiano torinese La Stampa si legge un’analisi del discorso di Trump:
«Sottolinea che il 90 per cento delle vittime del terrorismo sono musulmane e che spetta alle nazioni del Medio Oriente sconfiggere l’estremismo. Dobbiamo restare uniti contro l’uccisione di musulmani innocenti, l’oppressione delle donne, la persecuzione degli ebrei e il massacro dei cristiani».
Su La Repubblica si sottolinea che il «suo sostegno ai regimi dell’area è totale, purché si uniscano all’America nella battaglia al terrorismo, condannandolo anche in nome della fede musulmana».
Sul Corriere della Sera, Giuseppe Sarcina analizza il “patto” di Trump con gli arabi in cinque punti chiave:
- Trump offre al mondo arabo-musulmano un progetto strategico, segnato dal pragmatismo.
- Trump modera i termini rispetto alla campagna elettorale: non parla di «terrorismo radicale islamico» ma dice che il male «è la crisi dell’estremismo islamico che ispira i gruppi terroristi islamici».
- Trump assicura l’appoggio degli Stati Uniti, ma invita gli arabi a darsi da fare: «i Paesi del Medio Oriente non possono aspettare la potenza americana per schiacciare il nemico».
- Trump sposa Riad elevando Tehran a bullo del Medio Oriente, responsabile di «una politica di aggressione e destabilizzazione nelle regione».
- Circa 350 miliardi di investimenti diretti faciliteranno i rapporti politici tra Usa e Arabia Saudita: «grosso del portafoglio è il contratto con la Lockheed Martin: 110 miliardi di dollari subito per la fornitura di armi, equipaggiamenti e sistemi anti missili. Ma sono 23 i capitoli della grande intesa. Il governo di Riad comprerà tecnologia e beni di consumo negli Stati Uniti».
#Trump in #ArabiaSaudita balla la tradizionale danza delle spade.
Trump joins ceremonial sword dance in Saudi Arabia. pic.twitter.com/o7SddJoaqn
— Asiablog.it (@Asiablog_it) May 22, 2017
Fonte immagine: The Guardian
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