La mia Hanoi, affascinante come una vecchia signora

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Per le strade di Hanoi. Foto Giacomo Matteucci

Sono le quattro di un venerdì pomeriggio di ottobre. Dal mio terrazzo ammiro un piccolo lago completamente ricoperto da larghe verdi foglie di loto. Leggiadre libellule ci danzano sopra. Gli alberi tutt’intorno cominciano a venarsi leggermente di giallo, mentre il cielo di un azzurro chiaro sembra già sul punto di imbrunirsi.

Sono ad Hanoi, la capitale del Vietnam.

Hanoi si trova nel Tonchino, la parte settentrionale del paese, ed è attraversata dal fiume Rosso (Sông Hồng), maestoso corso d’acqua che nasce nelle montagne del Tibet orientale e, prima di entrare in Vietnam, attraversa tutta la regione dello Yunnan, nella Cina sud-occidentale.

L’acqua. Non si può immaginare Hanoi ed il Vietnam senza capire l’importanza dell’acqua. Lo stesso nome di questa città significa letteralmente “all’interno del fiume” (da hà, “corso d’acqua”, e ņôi, “in mezzo”). E sarebbe impossibile d´altro canto pensare ad Hanoi senza l’abbraccio del Fiume Rosso che che per secoli l’ha collegata al mare, a sud-est, e agli altipiani e alla Cina, a nord-est. Sarebbe difficoltoso descrivere questa città, dall’aria ancora un po’ francese, senza far cenno al suo fiume e ai suoi tanti laghi, stagni e specchi d’acqua che le donano quella caratteristica aria romantica che da secoli affascina i viaggiatori occidentali. Ma cercherò di descrivere Hanoi, oltre che per come la vedo, anche per come la sento.

Vivo nel quartiere Ba Đình, a meno di un chilometro dal centro storico (o Città Antica, quella che i francesi chiamavano cité indigene) e a poche centinaia di metri dal mausoleo di Ho Chi Minh, imponente copia vietnamita di quello dove riposa Lenin, sulla Piazza Rossa di Mosca. Questo monumentale edificio a forma di fiore di loto stilizzato, eretto tra il 1973 e il 1975, costituisce indubbiamente la meta più importante di pellegrinaggio di ogni vietnamita, o perlomeno di ogni vietnamita settentrionale. Ed è davvero interessante notare l’immensa devozione che tanti vietnamiti mostrano nei confronti dello “Zio Ho”, visto essenzialmente come padre della patria e liberatore di tutto il popolo vietnamita prima dall´invasione giapponese, poi dal giogo coloniale francese, ed infine dal sanguinosissimo intervento militare statunitense, in cui persero la vita due o tre milioni di persone. L’amore e il rispetto che la maggioranza di questo popolo nutre per lo questa figura è un sentimento difficilmente immaginabile per noi europei, che non possediamo una figura storica a lui paragonabile.

Ma guai a pensare alla Hanoi di oggi solo in relazione alla sua storia e ai conflitti bellici terminati oramai più di trent´anni fa! Al contrario, la capitale vietnamita è una città viva, ad ogni ora del giorno e della notte. Non viva nel senso che potrebbe intendere un giovane europeo, vale a dire con mille discoteche e pub dove ubriacarsi e fare canizza fino all’alba. Non in questo senso, o almeno non solo. Viva perché alle cinque del mattino le strade, i bordi dei laghi, i parchi e persino il prato di fronte al mausoleo di Ho Chi Minh si riempono di persone di ogni età che camminano, corrono, meditano, si muovono come danzando nelle meravigliose movenze del Tai Chi.

E poi tutto il mattino è un infinito brulicare di milioni di vietnamiti che con le loro motociclette sfrecciano per strade e stradine esibendosi in pericolose gimcane. Donne con il tipico cappello a cono trasportano con due ceste ogni genere di frutta e verdura. Affollati mercatini sbocciano ad ogni angolo della città. I pochi turisti che passeggiano un po´ spaesati nel centro storico vengono salutati con un “Hello!” seguito da un sorriso da quasi ogni indigeno.

Dopo due orette di calma relativa, tre le una e le tre del pomeriggio, l’ora della sacra siesta, in cui facendo una passeggiatina si possono notare donne e uomini sdraiati a fare un pisolino praticamente ovunque (per terra nel proprio negozio, sul sellino della motocicletta o sui sacchi di riso), la vita riprende più veloce che mai. Alle cinque tutti gli studenti escono dalle scuole, e allora ecco strade e marciapiedi invasi da infiniti gruppetti di ragazzini in uniforme bianca e scialle rosso al collo che corrono a casa a piedi o in bicicletta, colorando di bianco la marea umana che scorre e si scontra nelle viuzze o nei grandi vialoni alberati ereditati dagli urbanisti francesi.

Tra le cinque e le otto si cena c’è il pasto più importante per un cittadino (la cosa è diversa per i contadini, che per il duro lavoro quotidiano hanno bisogno di assumere la maggior parte delle calorie la mattina). E´questa l´ora giusta per gustare i piatti tipici della cucina vietnamita, che offrono un’infinita varietà di riso e un´ampia scelta di zuppe, a partire dal celeberrimo phở, ma anche tofu di ogni tipo e in ogni salsa, involtini primavera freschi o fritti, e carne praticamente di ogni animale: manzo, pollo, bufalo, serpenti, rane, bachi da seta, uova di anatra con i pulcini dentro, e persino cani arrostiti ed esposti a mo’ di porchetta.

E poi Hanoi è anche il sinh tò (frullato) di mango, guava, papaia o frutto del dragone bevuto per 5.000 dong (0,25 euro) nell’affascinante piazzetta della cattedrale francese, come un bel boccale di bia hơi (birra fresca) a 2.000 dong (0,10 euro) per rinfrescarsi dall’afa indocinese, oppure un bicchierino di alcol di riso, simile alla nostra grappa, magari da una bottiglia con dentro un serpente. Ma la mia Hanoi è anche Dung, 43anni, 2 figlie, ex cyclo-pousser, un inglese divertente imparato portando a spasso i turisti statunitensi col suo risciò, posizionato ogni giorno con la moglie al parco Lenin a guadagnarsi la ciotola di riso quotidiana vendendo gomme da masticare e snack ai turisti. A volte mi intrattengo con lui a bere l’amarissimo tè nord-vietnamita. “No sugar, very helthy“, dice giustamente Dung, e via che racconta la sua vita di stenti e cerca di convincermi a sposare la figlia diciassettenne, perché “you very handsome“, mi ripete accarezzandomi ancora una volta la barba e i peli delle braccia, una rarità per i vietnamiti, quasi completamente glabri, come in Italia non sono nemmeno le donne.

Hanoi è una delle ultime città asiatiche a non essere stata (ancora?) eccessivamente deturpata da casermoni e grattacieli, conservando così, tra gli specchi d’acqua e le pagode, un aspetto a un tempo orgoglioso, affascinante e un po´ misterioso, proprio come le vecchie donne vietnamite, avvolte nei loro semplici ma eleganti vestiti di seta nera, con il loro portamento fiero enfatizzato dai lisci, lucidi e lunghissimi capelli neri. E poi i rumori, gli odori, il caldo umido, tutto sembra avvolgerti, o travolgerti, facendo sì che di questa città si possa avere solo un giudizio netto: amore o odio. O si vuole restare o si vuole partire. Nessuno mai ne rimane indifferente.

Ad un tratto sento uno strano odore di fumo, come fosse incenso, che con ogni probabilità viene da quei pezzetti di carta dorata bruciata per gli avi, sull’uscio di casa di qualche vicino. Velocemente, il sole si è nascosto dietro l’orizzonte e il giorno è appassito. Mi accorgo solo ora che la sera è caduta bruscamente, e il vento porta un odore di notte, zuppa e fiori. Forse Hanoi è solo questo, una magia, un profumo che ti avvolge. Ti entra dentro. E sai che non potrai dimenticare. 

Vietnam donna foto

Una bellissima vecchia donna vietnamita, dai lunghissimi capelli incanutiti, si fa pettinare davanti alla Tran Quoc Pagoda, o Pagoda della Difesa della Patria, in via della Giovinezza, sulle rive del Lago Occidentale. Foto Alessio Fratticcioli

Alessio Fratticcioli

About Alessio Fratticcioli

Alessio è il fondatore e amministratore di Asiablog.it (anche su Facebook e Twitter). Per saperne di più su questo buffo personaggio, la sua lunga e noiosa biografia si trova qui.
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