La parola Ocimum deriva dalla parola greca che significa “odorare“, definizione appropriata per la maggior parte delle piante della famiglia delle Lamiaceae. Il Basilico (Ocimum basilicum) non smentisce questa prerogativa.
Credo che se dico “pummarola n’coppa” non ci sia bisogno di spiegazioni (quantomeno per un italiano). Viene subito in mente un piatto di pasta condita con pomodoro e foglie di basilico, per non dire del pesto alla genovese, il cui ingrediente base è il basilico.
Quindi non avevo dubbi sul fatto che dinnanzi al termine basilico si potessero creare delle confusioni, il basilico è il basilico… ovviamente sbagliavo.
In Thailandia ad una normale richiesta di basilico viene proposto non il comune basilico che utilizziamo in Italia, ma il “basilico thailandese”. La cucina thailandese utilizza, quanto meno, altre tre specie di basilico, ma non conosce “il nostro basilico“. Ma con questo non intendo dire che il nostro basilico sia l’unico utilizzabile e neppure che sia il migliore.
Il più utilizzato è il “basilico thailandese” (Ocimum basilicum var. thyrsiflora). In lingua thailandese: horapha o bai horapha (หระพา — ใบ โหระพา). Le sue foglie sono più slanciate di quello nostrano ed il fusto è violaceo. Profuma di liquirizia dolce ed ha un sapore che, nella cottura, risulta più stabile di quello nostrano. Le foglie contengono oli essenziali e curano la flatulenza.
Poi c’è il basilico santo (nome scientifico: Ocimum tenuiflorum), conosciuto in inglese come tulsi o tulasi e in thailandese come kaprao o bai kaprao (กะเพรา / ใบ กะเพรา).
Il termine “santo” deriva dal fatto che questa varietà di basilico è venerata in India.
Il basilico santo è molto utilizzato nella cucina thailandese. Studi recenti gli attribuiscono importanti proprietà come antidolorifico grazie alla sua alta concentrazione di eugenolo. Accertata anche l’efficacia nel trattamento del diabete: riduce i livelli di glucosio nel sangue e quelli di colesterolo totale grazie alle sue proprietà antiossidanti.
Il Basilico limone (Ocimum citriodorum) è invece un ibrido tra il basilico Ocimum basilicum e il basilico Ocimum americanum. In thailandese si chiama maenglak o ton maenglak (แมงลัก o ต้น แมงลัก).
Il nome già definisce la sua maggior caratteristica: un intenso profumo di limone.
Nella cucina thailandese le sue foglie sono un contorno indispensabile per il nam ya khanom jin, tagliatelle o spaghettini (noodles) cinesi.
Il Basilico africano (Ocimum gratissimum) è conosciuto in inglese col nome di tree basil ed in thailandese come yihrà ยี่หร่า. E’ noto per il suo caratteristico profumo che somiglia ad un misto di finocchio selvatico e cumino. In Thailandia viene confuso e assimilato al cumino. Solitamente vengono utilizzati i semi per aromatizzare le pietanze o pestati e mescolati con altre spezie per il curry.
Ci sono oltre 40 diverse specie di basilico e questa abbondanza di sapori, aromi e colori spesso crea confusione nell’identificare la specie. Una sola raccomandazione: il basilico deve essere utilizzato fresco e aggiunto alle pietanze all’ultimo momento. Meglio se pestato in un mortaio per rompere le cellule che contengono l’olio essenziale e per liberare meglio l’aroma. La cottura ne attenua velocemente il sapore lasciando poco del suo profumo. Essiccato, perde completamente il suo sapore e acquista un debole profumo di fieno.
(foto tiziano matteucci)
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