Lo stato del conflitto nel sud thailandese

attentati sud

L’ultimo rendiconto mensile delle violenze nel sud della Thalandia – Deep South Watch

Thailandia, nel Profondo Sud la posizione del regime danneggia i colloqui di pace

Attualmente le trattative, già di per sé problematiche, tra l’attuale governo militare thailandese e i separatisti attivi nelle province meridionali, sono sospese.

All’inizio di questo mese, il leader della giunta militare [e Primo Ministro] thailandese Prayuth Chan-Ocha ha deplorato il bagno di sangue in corso nel sud della Thailandia e implicitamente criticato i deboli tentativi, del suo governo, di riprendere il dialogo con gli insorti.

Prayuth, riferisce il Bangkok Post, si è detto dispiaciuto del fatto che in quindici anni di lotta nel sud più di 6.500 persone siano state uccise ma il generale ha anche detto, in sostanza, che i negoziatori che rappresentano i separatisti fanno richieste irragionevoli e non hanno dimostrato di rappresentare gli interessi della maggior parte dei thailandesi del meridione.

L’insurrezione del sud chiaramente non si sta esaurendo. Gli insorti del sud hanno utilizzato tattiche sempre più brutali e sofisticate per i loro attentati. Gli attacchi potrebbero diffondersi anche al di fuori del sud. Funzionari di intelligence e di polizia thailandesi ritengono che dietro ad una bomba esplosa a Ko Samui lo scorso anno ci siano i militanti del sud.

Nelle province del profondo sud, negli ultimi anni, gli insorti hanno ripetutamente lanciato offensive in stile militare su larga scala, attaccando postazioni dell’esercito thailandese. Ma Prayuth, nel suo discorso, ignora proprio il ruolo dei militari nella gestione del conflitto.

I governi tailandesi degli ultimi quindici anni hanno utilizzato nel sud tattiche brutali, allontanando dal governo centrale molti meridionali che potevano non essere inclini a sostenere l’insurrezione. […]

Dopo il colpo di stato di maggio 2014, la giunta ha essenzialmente dato una battuta d’arresto ai negoziati di pace, pur mantenendo contatti con i rappresentanti dell’insurrezione che risiedono in Malesia. Ma le parole di Prayuth suggeriscono che anche questi colloqui esplorativi non andranno da nessuna parte. Inoltre, il controllo di quasi tutte le funzioni dello Stato da parte del governo golpista – esattamente l’opposto di un decentramento – rende difficile immaginare come si possano riavviare colloqui di pace basati sul concetto di ridurre il potere di Bangkok su altre zone della Thailandia.

Prayuth e gli altri leader della giunta affermano pubblicamente l’idea che l’identità thailandese poggia sull’adesione a un concetto Bangkok-centrico della religione, della monarchia e della Nazione. (Joshua Kurlantzick, La giunta thailandese e l’insurrezione del sud, Asia Unbound)

Quel fine osservatore delle vicende politiche del sudest asiatico che era Benedict Anderson nel gennaio del 2011 così parlava delle province del sud della Thailandia:

Durante le manifestazioni delle Camicie Rosse notai come oratori d’esperienza quali Nattawut e Jatuporn non hanno quasi mai parlato del Profondo Sud, che è trattato molto peggio dell’Isaan. Tutte le uccisioni a Bangkok, alcune causate dalle Camicie Rosse e molte di più dai militari, erano considerate sia dalle Camicie Rosse sia dai media come calamità nazionali. Ma nessuno ha detto che solo i morti a Tak Bai (2004) sono stati più numerosi delle uccisioni a Bangkok (2010), per non parlare del numero totale di morti nella guerra nel Profondo Sud nel corso dell’ultimo decennio. Il regionalismo dell’Isaan è focalizzato sui suoi guai e la classe media di Bangkok ancor meno si interessa del Profondo Sud. L’impressione è che, fin quando quel territorio resta “thailandese”, i musulmani malay locali debbano semplicemente scomparire. (Benedict Anderson, conferenza alla Midnight University and the Faculty of Humanities of Chiang Mai University)

In una situazione dove il dialogo sarebbe una risorsa vitale la giunta militare thailandese continua invece a procedere a muso duro. Sembra quasi voler dare ragione a Benedict Anderson: i musulmani malay locali devono scomparire.

La questione controversa sembra essere il riconoscimento di MARA Patani [organizzazione che raccoglie sei fazioni separatiste del profondo meridione thailandese] come parte del dialogo, una riluttanza che ha due risvolti.

Il primo risvolto riflette la vecchia politica dello stato thailandese nel considerare il conflitto come una questione interna e quindi impedire il coinvolgimento di qualunque organizzazione intergovernativa o di governi esteri nel timore che questo possa fargli perdere il controllo e permettere in qualche modo ai gruppi separatisti di ottenere l’indipendenza.

Seguendo i consigli del ministero degli esteri i militari hanno evitato azioni che potrebbero permettere che la situazione del meridione sia definita come “conflitto armato non internazionale” a cui si deve applicare l’articolo 3 della legge umanitaria internazionale.

Per questa situazione si devono verificare due condizioni: le ostilità devono raggiungere un livello minimo di intensità ed i gruppi coinvolti devono possedere forze armate organizzate. I militari provano a nascondere il fatto che c’è già un gruppo antigovernativo che possiede forze armate nel meridione.

I comandanti militari in campo non devono mai citare il nome del BRN [una delle fazioni separatiste malay aderenti a MARA Patani] distorcendo così la realtà del conflitto. Alcuni ufficiali militari lamentano però che questa posizione impedisce ai soldati di comprendere la natura del conflitto.

Il governo definisce i suoi partner nel dialogo “persone con opinioni differenti da quelle dallo Stato” invece di definirli col loro nome. Sul campo le forze di sicurezza li considerano come istigatori della violenza. Una fonte di MARA Patani racconta come il governo thailandese si sia impegnato affinché il loro nome fosse rimosso dal comunicato del 13° Summit Islamico dei capi di governo degli stati membri dell’OIC tenutosi il 15 aprile scorso, dove al posto di “Consiglio di consultazione MARA Patani” compare “Gruppo di rappresentanti della comunità musulmana del meridione”. […] (Rungrawee Chalermsripinyorat, La presa di posizione del regime danneggia i colloqui di pace col Sud, Bangkok Post)

L’insurrezione della Thailandia del sud continua, la strada verso la pacificazione sembra allontanarsi, il triste conteggio delle violenze, tenuto da Deep South Wacth, pare destinato ad allungarsi.

Fonte immagine: Deep South Watch

Tiziano Matteucci
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"Siede la terra dove nata fui / su la marina dove ’l Po discende / per aver pace co’ seguaci sui." (Dante Alighieri - Inferno, V). Per il resto non c'e' molto da dire. Pensionato italiano che ora risiede in una cittadina del nord ovest della Thailandia per un assieme di causalità e convenienze ... c'è solo una cosa certa: "faccio cerchi sull'acqua ... per far divertire i sassi" (Premdas)
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