La situazione dei diritti umani nel mondo: il report 2019 di Human Rights Watch

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Un poster con i ritratti di Vladimir Putin, Marine Le Pen e Donald Trump brandito da una donna al World Trade Center di Mosca nel dicembre 2016. Foto Sergei Fadeichev / TASS

La Cina di Xi e il Venezuela di Maduro. L’Ungheria di Orban e il Brasile di Bolsonaro. I Rohingya in Birmania e in Bangladesh, la guerra in Siria e le bombe sui civili in Yemen. Fino ad arrivare agli Stati Uniti e all’Italia: in tutto il mondo crescono le minacce ai diritti umani e allo Stato di diritto, ma aumentano anche le resistenze. Questo e altro nel report annuale sui diritti umani nel mondo di Human Rights Watch

(Asiablog.it) — In molti Paesi al mondo i governi violano i diritti umani e minano la democrazia, ma al contempo crescono le opposizioni a questo tipo di politiche. Lo sostiene il rapporto 2019 sui diritti umani della Ong Human Rights Watch (HRW), presentato giovedi a Berlino.

«Il costo umano può essere enorme»

HRW pubblica le sue relazioni annuali dal 1989, di solito concentrandosi sulle dittature. L’edizione di quest’anno pone invece l’accento sulle pratiche di molti governi nominalmente democratici che cercano costantemente capri espiatori e demonizzano le minoranze vulnerabili allo scopo di guadagnare facili consensi nell’opinione pubblica.

Oltre alla crescente discriminazione delle minoranze, questi regimi hanno come tratto caratterizzante l’ostilità e gli attacchi contro i media che non li incensano, i partiti e i gruppi sociali all’opposizione, la magistratura indipendente ed altre istituzioni dello Stato che non hanno ancora infiltrato, o che hanno infiltrato solo in parte. In poche parole, questi governi sono allergici ai controlli sul potere dell’esecutivo, e così facendo minano il bilanciamento dei poteri necessario per l’esistenza stessa dello Stato di diritto.

Ma «il costo umano può essere enorme», sostengono gli autori del rapporto. Lo dimostrano ad esempio la “guerra alla droga” delle Filippine di Rodrigo Duterte, dove sono state uccise 4.948 persone in poco più di due anni, e la crisi umanitaria nel Venezuela di Nicolás Madurodove non rimane nessuna istituzione governativa indipendente per controllare l’esecutivo:

«Il governo ha represso il dissenso attraverso violente azioni repressive contro le proteste di piazza, gli oppositori sono stati incarcerati e i civili perseguiti davanti ai tribunali militari. La grave penuria di medicinali, forniture mediche e cibo lasciano molti venezuelani incapaci di nutrire adeguatamente le loro famiglie o di accedere all’assistenza sanitaria essenziale. L’esodo massivo di venezuelani in fuga dalla repressione rappresenta la più grande crisi migratoria di questo tipo nella recente storia latinoamericana».

In Cina la situazione di minoranze e dissidenti è grave. Sotto il presidente Xi Jinping si registra una «crescente repressione», in particolare contro la popolazione musulmana della regione autonoma uigura dello Xinjiang. «Il livello di repressione è aumentato drammaticamente da quando il segretario del Partito Comunista in Tibet, Chen Quanguo, è stato trasferito alla guida dello Xinjiang alla fine del 2016», si legge nel rapporto.

Nel frattempo in Brasile alle elezioni di ottobre 2018 è stato eletto da Jair Bolsonaro, nonostante abbia fatto dichiarazioni razziste, omofobiche, misogine e contro i popoli indigeni. E nonostante si sia dichiarato favorevole alla tortura e ad altre pratiche violente che violano i diritti umani.

In Siria «le forze governative hanno usato una combinazione di tattiche illegali, incluse le armi proibite e le restrizioni agli aiuti umanitari, per costringere le forze antigovernative ad arrendersi», scrive HRW.

In Yemen continuano i bombardamenti su aree popolate da civili e 14 milioni di persone rischiano di morire di fame.

In Birmania le condizioni restano disastrose per circa mezzo milione di persone di etnia Rohingya nello Stato di Rakhine. Nel solo 2018, tra gennaio e novembre, più di 14.500 Rohingya sono fuggiti in Bangladesh per sfuggire alle persecuzioni e alle violenze in corso nel loro Paese. I rifugiati arrivati in Bangladesh hanno anche riferito di violenza sessuale e rapimenti di donne e ragazze.

In Russia «il governo ha aumentato il giro di vite contro l’opposizione politica e altri critici prima e dopo le elezioni presidenziali che Vladimir Putin ha vinto, in mancanza di una vera concorrenza. Le autorità hanno continuato a soffocare le voci critiche, in particolare online, attraverso azioni penali per accuse di estremismo». Mosca ha anche stretto il controllo sulla libertà di espressione, di assemblea e di parola, mirando a mettere a tacere i critici e dissidenti, sia online che offline. Nel frattempo in Cecenia le autorità stanno portando avanti un giro di vite contro gli attivisti dei diritti umani, ricorrendo a tattiche come la fabbricazione di casi criminali, attacchi alla proprietà e minacce di ritorsioni contro membri della famiglia. Con la tacita benedizione di Mosca, gli agenti della sicurezza locale rapiscono e torturano coloro che sono ritenuti indesiderabili, compresi gli uomini gay o bisessuali, i sospetti jihadisti, i presunti consumatori di droga e i critici del governo.

Notizie negative anche dagli Stati Uniti, che «hanno continuato a retrocedere sui diritti umani in patria e all’estero nel secondo anno dell’amministrazione del presidente Donald Trump». Lo hanno fatto in patria, spiega HRW, varando leggi, implementando regolamenti e attuando politiche che violano o minano i diritti umani, in particolare per quanto riguarda il trattamento dei migranti. E all’estero, minando «le istituzioni multilaterali e gli organi giudiziari internazionali che cercano di processare le persone responsabili di gravi violazioni dei diritti umani».

Diritti umani in Italia

In Italia «a marzo, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani deplorava il razzismo e la xenofobia che hanno caratterizzato la campagna elettorale», si legge nel rapporto. Poi, con il nuovo Governo presieduto da Giuseppe Conte, l’Italia ha iniziato sistematicamente a consegnare il coordinamento dei salvataggi nel Mediterraneo alla guardia costiera libica, nonostante le preoccupazioni sulla loro capacità e sul destino degli individui che vengono rispediti in Libia. Il report non dimentica di citare le accuse contro Domenico Lucano, il sindaco di Riace, «in quello che è stato ampiamente considerato un progetto di integrazione modello per richiedenti asilo e rifugiati».

Cresce la resistenza

Il rapporto descrive come in Polonia decine di migliaia di persone sono scese in piazza ripetutamente per difendere l’indipendenza della magistratura del loro Paese, mentre i giudici si sono rifiutati di abbandonare i loro posti nonostante le pressioni politiche. In Ungheria, in migliaia hanno protestato contro la mossa del Primo Ministro Viktor Orban di chiudere l’Università dell’Europa Centrale ed istituire la cosiddetta “legge schiavitù”, una legge che aumenta il tetto degli straordinari a 400 ore l’anno. A riguardo, HRW elogia la decisione del Parlamento europeo di avviare un processo che potrebbe sanzionare l’Ungheria ai sensi dell’articolo 7 del trattato sull’Unione europea.

Buone notizie anche in Asia, dove «gli elettori della Malesia e delle Maldive hanno spodestato i loro primi ministri corrotti», mentre in Sri Lanka una crisi costituzionale è stata superata grazie all’intervento della Corte Suprema e a una mobilitazione popolare.

In particolare sono emblematici, scrive HRW, «gli sforzi per resistere agli attacchi alla democrazia in Europa, per evitare un bagno di sangue in Siria, consegnare alla giustizia i responsabili della pulizia etnica in Birmania/Myanmar, per fermare i bombardamenti a guida saudita sul popolo yemenita, per la difesa del bando sulle armi chimiche, l’aver convinto il presidente della Repubblica democratica del Congo, Joseph Kabila, ad accettare i limiti posti dalla Costituzione, la richiesta di una indagine approfondita sull’assassinio del giornalista saudita Jamal Khashoggi».

«Gli stessi populisti che diffondono odio e intolleranza alimentano una resistenza che continua a prendere piede», scrive Kenneth Roth, direttore esecutivo di HRW, nella presentazione del suo rapporto annuale per il 2019. «La vittoria non è assicurata, ma i successi dello scorso anno suggeriscono che gli abusi del dominio autoritario sui diritti umani stanno provocando un potente contrattacco».

Il report completo può essere scaricato qui: WORLD REPORT 2019

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Alessio Fratticcioli

About Alessio Fratticcioli

Alessio è il fondatore e amministratore di Asiablog.it (anche su Facebook e Twitter). Per saperne di più su questo buffo personaggio, la sua lunga e noiosa biografia si trova qui.
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5 Responses to La situazione dei diritti umani nel mondo: il report 2019 di Human Rights Watch

  1. danilocdea says:

    Temo che il nostro paese stia scivolando verso una deriva fascistoide ma resto fiducioso. Dopotutto partecipiano a un’unione di paesi civili che combatteranno questa deriva. Male che va sono fiducioso nei caschi blu dell’Onu. In ultima istanza sono fiducioso nella vigliaccheria e mancanza di spina dorsale del populista italico.

  2. cinzia says:

    Anche in Sudan la situazione e’ terribile. Su la Repubblica ho letto molti articoli di Antonella Napoli che ha avuto anche una brutta esperienza in quel paese.

  3. Lampino says:

    Ho vissuto per lavoro in Russia e Stati Uniti e credo di avere un’idea dell’elettore di Trump e Putin. Purtroppo tentare di spiegare concetti come democrazia populismo o stato di diritto a tanti elettori di Trump e Putin è come tentare di spiegare il gioco degli scacchi al gatto. Una persona che ha passato la vita a guardare la Fox o i canali russi continuerà a amare Trump e Putin anche solo perché maltrattano a parole i democratici e gli stranieri. Gli basta quello non devono fare altro. Se poi dagli insulti si passa alla violenza meglio ancora. Comunque è lodevole che organizzazioni come Human Rights Watch ci provino e che lo facciano con un elevatissimo livello di professionalità di imparzialità e di chiarezza. Ma non so se serve a qualcosa.

  4. tiziano matteucci says:

    Ricordo ancora, con sofferenza, gente come Fini, Gasparri o La Russa al governo. Non ricordo proprio, all’epoca, di lamenti per “derive fascistoidi” e non vedo un’unione di paesi civili che combatteranno questa deriva, anzi vedo un’Unione Europea sempre più assediata da neo-partiti di destra … ma questo era stato previsto alcuni anni addietro viste le Politiche Unitarie.

    Non ho mai inteso quale sia il significato preciso del termine: populista. Ma secondo me affibbiare agli italiani la patente di “vigliacchi senza spina dorsale” ha un sapore molto populista.

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