Thailandia al voto ma è una farsa: sciolto partito d’opposizione

thai cartoon

Le elezioni thailandesi sono una corsa impari: nella vignetta un giudice abbatte un atleta che rappresenta il disciolto partito Thai Raksa Chart. L’uomo che parte con diversi metri di vantaggio e guida un’auto e’ il dittatore Prayuth Chan-ocha. Vignetta I.Ruean

La Corte Costituzionale ha sciolto il partito che aveva candidato una principessa. Le elezioni del 24 marzo sanciranno il ritorno della Thailandia ad un regime nominalmente democratico, ma i militari continueranno a tirare i fili e non c’è nessuna soluzione in vista

(Asiablog.it) — La Corte Costituzionale della Thailandia ha ordinato mercoledì 7 marzo lo scioglimento di uno dei principali partiti anti-militari, il Phak Thai Raksa Chart (พรรคไทยรักษาชาติ – Partito Thailandese per la Salvezza della Nazione), reo di aver candidato a premier la principessa Ubolratana, sorella maggiore di Re Vajiralongkorn, in vista delle elezioni che si terranno fra poche settimane.

Secondo i nove giudici di nomina regia, il partito avrebbe violato la prassi che vuole la monarchia «al di sopra della politica». Questo nonostante la 67enne Ubolratana ufficialmente non faccia più parte della Famiglia Reale dal 1972, quando sposò uno straniero (lo statunitense Peter Ladd Jensen, dal quale divorziò nel 1998), perdendo tutte le sue prerogative. Nonostante ciò, la Corte ha deciso che la donna appartiene per diritto di nascita al rango di “mom chao” (titolo generalmente utilizzato per principi e principesse figli o nipoti di un re), cioè un rango più alto non solo di quello dei comuni cittadini/sudditi thailandesi, ma anche di molti nobili, ed è dunque «una parte indivisibile dell’istituzione» monarchica. Questo le impone di mantenere la neutralità politica, e di conseguenza non può essere associata ad un singolo partito.

I giudici di nomina regia hanno inoltre squalificato i 270 candidati del Phak Thai Raksa Chart, che quindi non potranno essere eletti deputati, ed hanno vietato ai 14 membri del comitato esecutivo del partito disciolto di candidarsi o anche di svolgere un ruolo esterno nella formazione di un nuovo gruppo politico per il prossimo decennio.

thailandia principessa

La principessa Ubolratana, sorella di Re Vajiralongkornm ha rotto con la tradizione thailandese che vuole i membri della Famiglia Reale fuori dalla politica partitica, ma solo per pochi giorni. La Corte Costituzionale ha annullato la sua candidatura e ha sciolto il partito che la voleva Primo Ministro.

«Questa decisione mette in evidenza l’abuso del potere giudiziario da parte delle autorità thailandesi», ha commentato Katherine Gerson, portavoce per la Thailandia della Ong per la difesa dei diritti umani Amnesty International. «Questa misura di ampia portata solleva forti preoccupazioni in merito ai diritti umani [quali] la libertà di associazione e di espressione nel periodo che porta alle elezioni».

Sono arrivati commenti negativi anche dalla ong Human Rights Watch, il cui direttore per l’Asia,  Brad Adams, sostiene che con questa sentenza la Thailandia si incammina verso elezioni farsa: «La giunta militare thailandese e il partito Palang Pracharat che essa controlla hanno usato tutti gli stratagemmi a loro disposizione per piegare a loro favore il campo da gioco politico», ha detto Adams. «E ora la Corte Costituzionale ha fatto loro un grande favore con una sentenza altamente dubbia che distrugge un grande partito politico di opposizione».

Il Phak Thai Raksa Chart è il terzo partito fondato, controllato o vicino all’ex primo ministro Thaksin Shinawatra ad essere cancellato da una sentenza della Corte negli ultimi 12 anni, dopo il Phak Thai Rak Thai nel 2007 e il Phak Palang Prachachon nel 2008.

thailandia dittatore propaganda

Il generale golpista Prayuth è “intelligente, informato, moderno, visionario”: lo sostiene questo poster propagandistico.

In Thailandia si vota il 24 marzo, dopo quasi cinque anni di regime militare, e adesso il generale golpista Prayuth Chan-ocha, che si candida a primo ministro per il Phak Palang Pracharat (พรรคพลังประชารัฐ − Partito del Potere dello Stato del Popolo), ha qualche possibilità in più di restare formalmente alla guida del governo di Bangkok, ruolo che ricopre di fatto da quando ha preso il potere con il colpo di stato militare del maggio 2014, e nominalmente dall’agosto del 2014, quando venne nominato Primo Ministro dall’Assemblea che lui stesso aveva nominato.

La nuova Costituzione del 2017, scritta dall’Assemblea nominata dai golpisti, prevede che il Primo Ministro sia eletto dai parlamentari in seduta comune, ovvero dalla maggioranza dei 750 membri del parlamento, formato da una Camera di 500 deputati eletti dai cittadini e da un Senato di 250 membri cooptati dai militari. In altre parole Prayuth, che godrà prevedibilmente del voto dei 250 senatori, avrà bisogno di conquistare 126 seggi (il 25,2%) alla Camera per assicurarsi la maggioranza parlamentare. Viceversa, i partiti anti-militari, menomati dell’appena disciolto Phak Thai Raksa Chart, e ammesso che dopo il voto riescano a trovare un accordo di coalizione, per ottenere la maggioranza parlamentare necessaria per eleggere il prossimo Primo Ministro dovranno controllare il 50,1% del parlamento, ovvero la bellezza di 376 seggi su 500 alla Camera, pari al 75,2% della Camera stessa. Questo significa, in via teorica, che potrebbe formarsi un Governo filo-militare sostenuto da solamente un quarto dei deputati (ma da tutti i senatori), con un’Opposizione parlamentare formata dal restante tre quarti dell’unica Camera elettiva.

Quel che è certo è che, esattamente come prima dell’ultimo golpe, la Camera sarà divisa in due campi, uno tendenzialmente contrario ad ogni coinvolgimento dei militari in politica e nel governo, e l’altro pro-giunta e anti-Thaksin. Questi due poli rappresentano, ancorché semplicisticamente, anche le divisioni etnico-regionali e di classe che persistono nella seconda economia più grande dell’Asia Sudorientale (dopo l’Indonesia). Se Prayuth riuscirà a farsi rinominare Primo Ministro, pur non avendo la maggioranza della Camera, per il suo governo potrà essere difficile approvare un bilancio o qualsiasi altra legge. Se invece il governo sarà formato da una larghissima alleanza di partiti anti-militari, a rallentare o bloccare la normale attività legislativa sarà il Senato, aula che come suddetto viene integralmente nominata dai militari, e probabilmente anche le divisioni interne dovute alla frammentazione ed eterogeneità di questa eventuale coalizione governativa.

Inoltre, la nuova Costituzione obbliga i futuri governi ad aderire ad un piano ventennale deciso del regime ed entrato in vigore lo scorso ottobre, che riguarda la sicurezza nazionale, lo sviluppo economico e diverse altre aree che nei Paesi democratici sono di competenza del Governo e delle assemblee nazionali o locali. I sostenitori ritengono che il piano miri a prevenire i fenomeni di corruzione politica e a promuovere la stabilità necessaria allo sviluppo economico di questo Paese a reddito medio-alto ma dalle grandi diseguaglianze interne. I critici sostengono che esso limita la corruzione politica, ma favorisce la corruzione di generali e burocrati, e soprattutto consolida ulteriormente il dominio militare, prolungandolo nel tempo e allargandolo nei settori economici. Il punto è che il combinato disposto della nuova Costituzione e del piano ventennale conferisce a generali, burocrati e giudici un potere sufficiente a bloccare qualsiasi politica sgradita proposta dai governi o dal parlamento per il prossimo ventennio.

Nulla di particolarmente nuovo, per il Regno della Thailandia: questo impasse tra i potentissimi militari che cercano di mantenere la loro influenza totalitaria sul Paese, da una parte, e le pulsioni democratiche generate dalla società civile, dall’altra, va avanti, a fasi alterne, dagli anni Trenta del secolo scorso.

Le prossime elezioni sanciranno il ritorno della Thailandia ad un regime nominalmente democratico, legittimato dal rito delle elezioni, nonostante queste per ovvie ragioni non potranno essere né libere né eque, ma a Bangkok lo strapotere militare, e le distorsioni economiche e le tensioni istituzionali e sociali generate da questa anomalia, sono destinate a rimanere il leitmotiv della politica thailandese ancora a lungo.

 

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Alessio Fratticcioli

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Alessio è il fondatore e amministratore di Asiablog.it (anche su Facebook e Twitter). Per saperne di più su questo buffo personaggio, la sua lunga e noiosa biografia si trova qui.
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One Response to Thailandia al voto ma è una farsa: sciolto partito d’opposizione

  1. estevamweb says:

    Me parece que em várias partes do mundo é a mesma (não importa se é direita ou esquerda) a maneira de manter poder quase sempre é a mesma: autoritarismo.

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