La crisi dell’acqua in Asia Centrale, tra passato e futuro

Asia Centrale. Immagine tratta da www.fondazionecdf.it

Ad ormai dodici anni dalla dissoluzione dell’URSS le conseguenze dello sfaldamento dell’impero comunista continuano a farsi sentire in Asia Centrale. L’Unione Sovietica aveva, seppur con intenti egemonici, un potente effetto regolatore la cui scomparsa rischia di mettere ancora più a rischio il già fragile equilibrio centroasiatico.

Le cinque repubbliche, periferia dell’ex-impero, faticano infatti nella creazioni di rapporti stabili e proficui, preferendo invece riprendere modalità di relazione del periodo sovietico, come ben mostra la questione energetica, in particolare quella relativa alle risorse idriche. Al tempo dell’URSS per supplire alla diseguaglianza delle risorse si era stabilito un sistema di quote, profondamente influenzato dagli interessi di Mosca, secondo il quale i paesi ricchi di acqua (Tagikistan e Kirghizistan) avrebbero fornito energia idroelettrica ad Uzbekistan, Kazakistan ed Uzbekistan in cambio di gas. Oggi questo sistema rischia di andare in pezzi, con notevoli conseguenze sulla stabilità della regione.

Nel 1992 le cinque repubbliche centroasiatiche decisero di mantenere il sistema delle quote, e dal 1998 di rinegoziare le quote stesse con cadenza annuale. Tuttavia l’ingresso nel libero mercato ha portato un continuo rialzo dei prezzi, al quale ha corrisposto una politica, spesso ritorsiva, di taglio dei rifornimenti: acqua contro gas in sostanza, al punto che si sono venuti a creare due veri e propri fronti. Da un lato i paesi che stanno “in alto” (Tagikistan e Kirghizistan) che controllano gli importanti corsi del Syr Darya e dell’Amu Darya, e dall’altro lato quelli che stanno a valle (Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan) produttori di gas.

I rapporti tra i paesi confinanti sono già tesi per altri motivi, su tutti quelli etnici, e rischiano di trovare nell’acqua un ulteriore elemento destabilizzante. In particolare lo scontro sembra latente tra Uzbekistan e Tagkistan, senza dimenticare il Kirghizistan. La Valle di Ferghana, vero disastro dell’ingegneria sovietica, con il suo mosaico di etnie e nazionalità sembra essere una vera e propria bomba ad orologeria. Tashkent accusa Dushanbe di danneggiare la produzione uzbeka di cotone mentre i tagiki contestano la politica dei prezzi applicata dagli uzbeki, nel frattempo la penuria di rifornimenti ha quasi mandato al collasso il sistema elettrico kirghizo per l’elevato uso di stufette elettriche.

Tagikistan e Kirghizistan stanno infatti cercando la via di una autosufficienza energetica che passa attraverso dighe e centrali idroelettriche, mettendo in allarme i paesi vicini. In particolare il progetto tagiko, risalente ai tempi sovietici, della diga di Rogun sul fiume Vakhsh ha reso ancora più tesi i rapporti con l’Uzbekistan. Questo progetto sarebbe finanziato dall’Iran che avrebbe interesse a inserirsi nella geopolitica della regione e che vorrebbe fare delle centrali idroelettriche tagike, come quelle di Sangtuda ed Eyni un ponte tra Tagikistan, Afghanistan e la stessa Repubblica Islamica. Anche il Kirghizistan si è rivolto a vecchi progetti come quello di Kambarata-1, sul fiume Naryn, ma in questo caso con interessamenti finanziari russi.

Quindi una questione che coinvolge anche altre potenze e si inserisce in equilibri geopolitici come dimostra il caso degli idrocarburi tagiki. Nel sud del Tagikistan la compagnia canadese Tethys Petroleum avrebbe infatti scoperto ingenti depositi petroliferi che Dushanbe ha tutto l’interesse a tenere segreti in attesa della valutazione, da parte della Banca Mondiale, del progetto della diga di Rogun.

E se si arriva al punto che un paese come l’Uzbekistan si erge, davanti all’ Assemblea dell’Onu, a paladino delle politiche ambientali in nome della tutela delle popolazioni di fondovalle, può davvero succedere di tutto

Pietro Acquistapace

About Pietro Acquistapace

La dura scelta tra essere normali ed essere felici, quando a 35 anni lasci un lavoro sicuro e vai in Mongolia con una Panda devi accettare di avere scelto. Pietro dice la sua sul blog Farfalle e Trincee ed e' co-fondatore di TuttoLaos e di TuttoCambogia i 2 portali italiani dedicati a queste nazioni del sud est Asia
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