I legislatori thailandesi hanno dato l’approvazione iniziale al controverso disegno di legge per concedere l’amnistia alle persone accusate di reati politici
BANGKOK (Asiablog) – Dopo un dibattito di due giorni, giovedì la camera bassa del parlamento thailandese ha approvato, con 300 voti a favore e 124 contrari, il disegno di legge di amnistia. Il provvedimento è appoggiato da governo, partito di maggioranza Pheu Thai e Camicie Rosse. L’amnistia riguarda le persone accusate di reati politici durante il periodo di crisi che ha avuto inizio con il colpo di stato militare del 2006. Il disegno di legge di amnistia non copre gli ex primi ministro Thaksin Shinawatra e Abhisit Vejjajiva, e nemmeno altri leader politici. Ad ogni modo, gli anti-thaksiniani temono si tratti della prima mossa di una strategia volta a concedergli l’ammestia. Il disegno di legge è anche osteggiato da alcuni gruppi per i diritti umani che temono che esso sia destinato a regalare l’impunità a una serie di criminali resosi colpevoli di aver violazioni dei diritti umani, in primis i soldati e i generali responsabili della sanguinosa repressione militare del 2010, nella quale perse la vita anche l’italiano Fabio Polenghi. La larga maggioranza parlamentare che appoggia il Governo Yingluck ha assicurato la rapida approvazione del disegno di legge nonostante i tentativi dell’opposizione di far deragliare il procedimento invocando tecnicismi legislativi. Quello che ha stupito è stata la debolissima opposizione popolare, con le Camicie Gialle che sono riuscite a portare in piazza solo poche centinaia di persone. I timori di scontri e violenze nelle strade non si sono materializzati nonostante le forze di opposizione abbiano da tempo sventolato lo spauracchio Thaksin.
SHINAWATRA: AMORE E ODIO. Negli ultimi undici anni in Thailandia si è votato cinque volte. I partiti controllati dalla famiglia Shinawatra hanno sempre vinto con larghe o larghissime maggioranze, e Thaksin Shinawatra è stato il primo ministro democraticamente eletto più longevo nella storia del paese. Nonostante questo, l’ex premier rimane una figura estremamente divisiva in Thailandia. Imprenditore di origini cinesi e decimo uomo più ricco del paese, Thaksin venne eletto democraticamente per ben tre volte. Fu rimosso dal colpo di stato del 2006 dopo essere stato accusato di corruzione, autoritarismo, e soprattutto di mancanza di rispetto nei confronti di re Bhumipol Adulyadej, l’anziano monarca oggetto di un eccezionale culto della personalità e protetto dalla draconiana lesa maestà. Thaksin risiede all’estero da anni, ma la sorella minore Yingluck Shinwatra ha vinto le elezioni del 2011 e governa il paese. I critici, in particolare la tradizionale elite di Bangkok, composta dai grandi capitalisti, dai nobili e da quella casta che Duncan McCargo definisce Network Monarchy, continuano ad accusare gli Shinawatra di corruzione e abuso di potere, denunciano il tentativo di imporre una “dittatura parlamentare” e il tentativo di usurpare l’autorità costituzionale del re e di “distruggere la monarchia”. La famiglia Shinawatra, che per interesse elettorale ha sposato la causa delle classi meno abbienti, continua a suscitare feroci passioni tra i thailandesi, che a volte sono degenerate in episodi di violenza. Nel 2008, le cosiddette Camicie Gialle, un gruppo ultra-monarchico di feroci oppositori di Thaksin, hanno occupato gli uffici del primo ministro – che all’epoca era il cognato di Thaksin – per circa tre mesi, e hanno poi occupato e bloccato i due aeroporti di Bangkok per una settimana, causando grandi danni economici all’economia nazionale. Nel 2010, quasi 100 persone sono state uccise quando le Camicie Rosse, in larga parte sostenitori del clan Shinawatra, hanno occupato il centro di Bangkok per circa due mesi prima di essere spazzati via dall’esercito e dai cecchini a fucilate.
L’AMNISTIA PUO’ ANCORA ESSERE BLOCCATA. L’aministia potrebbe ancora essera bloccata. Il disegno di legge approvato ieri dal Parlamento di Bangkok, che dovrebbe coprire la maggior parte delle Camicie Gialle e Camicie Rosse in galera o sotto processo per crimini legati alla crisi politica, deve ancora concludere l’iter parlamentare: una commissione parlamentare di 35 persone può presentare un altro progetto entro sette giorni. In questo caso, la legge dovrà essere approvata dal parlamento per altre due volte. In seguito, ci deve essere la firma del re, che dovrebbe essere una formalità. Infine, la legge potrebbe anche arrivare nei tribunali, ed anzi l’opposizione ha già minacciato di volerle provare tutte per un’amnistia che “vuole uccidere la Giustizia”. Mentre gli Shinawatra controllano fermamente il ramo legislativo in virtù del lor largo supporto popolare, il sistema giudiziario della Thailandia è legato a doppio filo all’elite tradizionale del paese. Negli ultimi anni, la magistratura ha sciolto per due volte i partiti degli Shinawatra, il Thai Rak Thai e il Partito del Potere Popolare, ha interdetto dai pubblici uffici 111 parlamentari dei suddetti partiti, e nell’estate del 2012 ha impedito al Parlamento di modificare la costituzione del 2007, redatta da un’assemblea cooptata dalla giunta militare insediatasi in seguito al colpo di stato del 2006.