Potrebbe essere l’ambientazione per un film sulla fine del mondo. È l’isola di Taro, a malapena un chilometro di lunghezza e ancor meno di larghezza e quasi mai più di due metri di altitudine. Un pittoresco atollo corallino alla deriva nell’oceano all’estremità nord-occidentale delle Isole Salomone. Una macchia su una mappa.
Eppure questa macchia — con i suoi quasi 600 residenti permanenti, il suo ospedale, le chiese (quattro), la scuola, la stazione di polizia ed il tribunale — è destinata a prendere un posto indesiderato nella storia. Anche se piccola, è la capitale della provincia di Choiseul e presto potrebbe essere il primo capoluogo di provincia al mondo ad essere abbandonato a causa dei cambiamenti climatici che stanno causando l’innalzamento del livello del mare.
Le rilevazioni satellitari indicano che il livello marino, a sud-ovest del Pacifico, è in aumento ad un ritmo sino a cinque volte più veloce rispetto alla media mondiale: 7,7 millimetri l’anno nella capitale delle isole Salomone, Honiara, e fino a 16,8 millimetri all’anno nel mare al nord del paese.
Nell’ambito dei mutamenti climatici e geopolitici che derivano dal riscaldamento del pianeta, Taro è una goccia nel mare. Ma è anche un segnale precoce di quello che ci aspetta. E non è sola.
Nelle isole Carteret in Papua Nuova Guinea, le piccole comunità sul mare hanno ricevuto aiuti pubblici per più di un decennio ed alcune sono state trasferite.
A Kiribati, un gruppo di 33 atolli disseminati in un’area grande quanto l’Australia, la popolazione si sta muovendo verso l’isola principale, quella di Tarawa, anche perché l’agricoltura è diventata difficile sugli atolli più piccole a causa delle inondazioni saline. Ma secondo la Banca Mondiale, è probabile che entro la metà del secolo la stessa Tarawa sia per un quarto sott’acqua.
Come risponderà il mondo ad un progetto delle dimensioni del trasferimento di Taro sarà un banco di prova.
Articolo originale: The Vanishing Island, Canberra Times
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