
Il generale golpista e primo ministro Prayuth Chan-ocha ha votato nella mattina di domenica 7 agosto 2016 in un seggio di Bangkok, Thailandia. Foto Lillian Suwanrumpha/AFP
Regime promosso al referendum: approvata la nuova Costituzione voluta dai golpisti. Cosa succede adesso in Thailandia: lo spieghiamo in 8 punti
(Asiablog.it) — Gli elettori thailandesi hanno approvato la bozza della Costituzione proposta dalla giunta militare. Ha vinto il “Sì” con oltre il 61%, pari a oltre 15,5 milioni di voti. I votanti sono stati meno del 52% degli aventi diritto, una percentuale bassa per la Thailandia (nel 2011 votò il 66%), soprattutto se si considera l’imponente campagna del regime per portare tutti alle urne.
Perché si votava?
Si votava per approvare o respingere una nuova costituzione, la ventesima del Regno della Thailandia dalla fine della monarchia assoluta nel 1932. La Costituzione precedente era stata stracciata dai militari dopo il golpe del 2014. Paradossalmente, la Costituzione stracciata era stata scritta sempre dai militari nel 2007, dopo il golpe del 2006.
Chi ha scritto la nuova Costituzione?
Un comitato nominato dai militari golpisti.
Il voto è stato regolare e democratico?
No. Il regime militare ha utilizzato tutti metodi a sua disposizione a favore del “Sì”, mentre al fronte del “No” è stato impedito di svolgere la campagna elettorale. Circa 120 attivisti per la democrazia sono stati arrestati nelle settimane precedenti il voto. Il canale televisivo Peace TV, vicino all’opposizione, e’ stato chiuso per 30 giorni.
Perché ha vinto il “Si”?
Sostanzialmente per 4 ragioni.
La prima: non era un voto democratico (si veda il punto precedente).
La seconda: non c’era molta scelta. Si trattava di approvare la “Costituzione Potëmkin” voluta dai militari oppure di rifiutarla. Nel secondo caso, la palla sarebbe tornata ai militari, che avrebbero potuto anche imporre una Costituzione ancora peggiore.
La terza: tra chi ha votato “Sì” molti temevano che la vittoria del “No” avrebbe creato maggiore incertezza politica e instabilità economica.
La quarta: tra chi ha votato “Sì”, vale a dire quasi un terzo dei 50 milioni di thailandesi maggiorenni, molti sostengono genuinamente la dittatura militare e credono che la continuazione del predominio militare sulla vita politica del Paese possa assicurare ordine e benessere.
Referendum oggi in #THAILANDIA: ragazza mostra pollice intriso di inchiostro blu: https://t.co/EWiNsA8QHr pic.twitter.com/RHiZEQnz5A
— Asiablog.it (@Asiablog_it) August 7, 2016
Cosa prevede la nuova Costituzione?
La nuova Costituzione sancisce il controllo dell’élite monarchico-militare su governo e parlamento.
L’articolo più controverso prevede un Senato completamente nominato, con posti riservati per i membri dell’esercito, ma dai poteri identici alla Camera Bassa (che rimane elettiva). In altre parole, il Senato nominato dall’elite avrà il potere di bloccare il lavoro dei legislatori eletti dai cittadini.
Un altro articolo rende molto facile la procedura di impeachment nei confronti di un futuro primo ministro. Anche in questo caso, il potere di decidere di mettere in stato d’accusa il capo del governo e di giudicarlo non è riservato ad organismi elettivi, come negli Stati Uniti o in Italia, ma ad organismi non elettivi.
Cosa succede ora?
La Thailandia si avvia verso un periodo di transizione dall’attuale dittatura militare verso un sistema ibrido di “Democrazia Guidata” dai militari non troppo dissimile da quello vigente nella vicina Birmania.
La giunta ha promesso di concedere le elezioni generali entro la fine del 2017. Indipendentemente da chi vincerà, grazie alla nuova Costituzione l’élite monarchico-militare continuerà a decidere le sorti di questo Paese asiatico.
Che ne è stato della “riconciliazione nazionale” promessa dai golpisti?
Non c’è stata nessuna “riconciliazione nazionale”. Il voto di ieri dimostra, se ce ne fosse stato bisogno, che il Paese resta diviso e la polarizzazione politica rimane: il “Sì” ha prevalso al centro e al sud, aree che storicamente non hanno mai fatto mancare il loro sostegno ai regimi monarchico-militari di Bangkok. Mentre il “No” ha prevalso nel profondo sud, piagato da oltre un decennio di irrisolta guerriglia separatista, e nelle due roccaforti del movimento anti-golpista delle “Camicie Rosse”, il popoloso nordest e la zona di Chiang Mai.
Cosa succederà nel medio e lungo periodo?
I due colpi di stato dell’ultimo decennio e gli ultimi due anni di dittatura militare hanno solo nascosto temporaneamente le divisioni politiche sotto il tappeto della censura e della repressione. Con la transizione che porterà alle prossime elezioni generali sara’ sempre più difficile mettere a tacere i dissidenti e minimizzare la profonda differenza tra le visioni di società proposte dai due schieramenti. Questo nel medio e lungo periodo minerà inevitabilmente la stabilita’ del sistema istituzionale autoritario ingegnato dai golpisti, con il rischio concreto che la Thailandia ricada nel solito circolo vizioso che dalle proteste di piazza sfocia in un golpe militare e in un nuovo periodo di dittatura.
- Nonnina 95enne vota al referendum costituzionale in Thailandia. Foto Noija/Twitter
- “Donne giraffa” al voto nella provincia di Mae Hong Son, nel nord della Thailandia. Foto Kahosod
- Un cane si presenta al seggio.
- Una donna ad una manifestazione di protesta contro il referendum e la dittatura militare a Bangkok, Thailandia. Foto Chaiwat Subprasom/Reuters
Fonte immagine: @JeromeTaylor
Ottima analisi… Un unico rilievo: i 15 milioni di voti sono il 61% dei voti espressi non degli aventi diritto… Sicuramente si tratta di una svista dato che dopo specifichi che ha votato il 55% degli aventi diritto.
Grazie mille, ho corretto il refuso!
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